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Acireale – Welcome

ACIREALE – Una città cadente, luoghi senza alcuna manutenzione, strade che presentano “voragini”. Dal corso Italia a San Cosmo, da corso Sicilia a via Giuliani, i luoghi diventano strade del degrado, passaggi attraverso una città logora, vecchia e con scarsissima manutenzione.

Ormai, visti i tagli e la povertà di risorse, si tenta di intercettare fondi europei per progetti faraonici o per intenzioni progettuali che poi o restano sulla carta o si trasformano in lavori pubblici che lasciano parecchi dubbi mentre per l’ordinaria amministrazione si rimane indietro e il tempo non è galantuomo. Il tempo logora, impoverisce, degrada ogni angolo di città; il tempo non è galantuomo quando ogni cosa è lasciata a se stessa.

Acireale esclusa dai “luoghi di cultura” rimane ancora nel suo angolo di solitudine e di autoreferenzialità dove ogni analisi lascia il posto al truce dato di fatto che si presenta ogni giorno sotto i nostri occhi, nello sguardo sornione e pigro di chi ormai si è abituato a vedere le bruttezze tanto da considerarle parte del paesaggio.

Così mentre si rimuove l’ecomostro sulla Timpa per le strade della città tanti “mostri” si sono impossessati dell’estetica urbana. I fili che pendono lungo tutto il centro storico, condizionatori appesi, pali della segnaletica divelti, inclinati, marci. Buche per le strade, erbacce come arbusti, la circolazione delle auto senza una guida, manifesti ovunque, le “carte” dei lutti che foderano i pali della luce, i volantini dei supermercati sparsi per la città, le merde dei cani, il silenzio e l’oblio che inghiotte una città di zombies. Il silenzio del degrado, l’incapacità a vedere lo sfacelo, l’inesistente verde pubblico, lavori che iniziano e che non finiscono mai, documenti in attesa, strutture sportive fatiscenti. Inesorabile degrado, assenza di manutenzione.

Dal marciapiede di corso Sicilia che da il benvenuto ai visitatori che alloggiano nell’unico albergo in città, le auto sobbalzano in corso Italia, gli allagamenti alle prime piogge, le microdiscariche nei soliti angoli ed il carnevale che rappresenta una macchina che ingurgita risorse mentre tutto intorno rimane nell’abbandono.

Tutto sembra folklore, la musica che ripete, in un “tanatos” ritmico, le canzoni della festa, campane intonano rintocchi funebri e nella campagne l’acqua è come l’oro e lo splendore si perde tra i fiumi di pioggia che s’ingrotta per sgorgare putrido nella riserva naturale della timpa.

Una grande periferia, un solo degrado.

(mAd)

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