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America good bye… (il risveglio dal sogno americano)

Ecco cosa mi piace di questo paese: qui sì che c’è Dio in tutto. Nell’insegnamento, nella Costituzione, nella discriminazione razziale, nelle forze armate. Gli Stati Uniti sono un paese fondamentalmente religioso. (Mario Benedetti)

Sono nato al di qua del Muro di Berlino, un occidentale, ma confortato di essere sotto “l’ombrello atlantico”, sotto il manto protettivo degli USA, infastidito ma in fondo rasserenato dalla presenza della base di Sigonella.
Siamo cresciuti con i film di Hollywood, dai western a quelli romanticoni, dalla comicità di Jerry Lewis e di Gianni e Pinotto ai filmoni patriottici stile “God bless America”.

Dopo la caduta del Muro di Berlino, ci eravamo illusi che il mondo avrebbe marciato a grandi passi verso la felicità, verso il progresso globale, verso il benessere diffuso.

Il mondo in realtà è molto più povero di quello che pensavamo, la ricchezza (poi rivelatasi in gran parte illusoria) dell’Occidente è poca cosa in confronto alla grande massa di povertà e di disagio che attanaglia il mondo.

Dall’America è arrivata la crisi, che ha travolto le economie occidentali, noi stiamo pagando un gran prezzo, per impreparazione e per incapacità di reagire.

Lo spettro della guerra nucleare che incombeva ha lasciato posto a tanti altri spettri con cui ogni giorno ci confrontiamo.
Il deterrente atomico faceva in modo che anche i momenti di grande crisi fossero seguiti da risolutivi atti di buon senso, ci faceva stare in ansia realtivamente ad un pericolo attuale e distante nello stesso tempo.

La povertà ed il terrorismo sono i due spettri che aleggiano su tutti, singolarmente, il pericolo non è più generalizzato di una guerra nucleare ma presentabile nelle case di ognuno di noi.
La paura di perdere il benessere e la libertà di movimento ci scaturiscono direttamente dalla pancia, dalla paura di perdere quello che è stato per decenni, che intendevamo acquisito per noi e per i nostri eredi, e che ora è messo pesantemente  in dubbio.
Allora invece di studiare come agire e reagire ad una pesante situazione contingente che a cercarne le responsabilità le troveremo tutte tra le mura del Pentagono, a Wall Street. alla City di Londra e in tutti i palazzi del potere dell’opulente occidente, non ultima l’Unione Europea, incompleta e schiava della Grande Finanza, andiamo alla ricerca del colpevole, una ricerca che ci sollevi da responsabilità dirette.

La ricerca delle colpe di tutto e nel diverso, di colui in cui non ci riconosciamo, di colui a cui attribuiamo la responsabilità di tutto perchè è diverso da noi.
Il grande regno di Spagna nel 1492 ( lo stesso della scoperta dell’America) cacciò gli ebrei.
Il grande regno del dollaro erige un muro contro i messicani e limita l’ingresso a chi proviene dai paesi più disgraziati.
La storia si ripete.

Donald Trump non è il mostro generato dal  sonno della ragione anche se è una scelta generata dalla paura.

Gli americani lo hanno votato, in contrapposizione alla Clinton che rappresentava quell’America che ci dava sogni patinati (alla “Il diavolo veste Prada” e tutta quella cinematografia celebrante una Wall Street Felix), l’uomo che rappresenta un altro periodo della produzione Hollywoodiana, quella di John Wayne.

Come John Wayne difendeva i confini del ranch dai comancheros oggi a Trump viene chiesto di difendere il pascolo (o quello che rimane) degli americani.

Lo ha promesso in campagna elettorale, il muro e la limitazione degli ingressi, ora sta facendo seguito a quanto detto, lo hanno votato proprio per questo: lo so che è difficile per noi concepire un politico che mantiene le promesse elettorali.
God bless America.

(santodimauro)

 

 

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