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Buone feste Galatea. Distrutto il mito, vince il terribile gigante.

Galatea una delle ninfe del mare racconta l’amore. La figlia di Nereo e di Doride è il simbolo dell’acqua e, dopo con i poeti greci in Sicilia, dell’amore che contrasta la violenza del potente gigante Polifemo. E’ il simbolo della vitalità dell’acqua che scorre e rende fertile le terre, simbolo degli innamorati che si scelgono fino ed oltre la morte; l’aspetto più evidente dell’opposizione alla prepotenza e alla forza bruta.

Così è stato fino al giorno in cui il silenzio ha avvolto la sua storia ed i padri non possono più raccontare la leggenda ai figli magari mentre scorreva l’acqua della fontana e pezzetti di pane nutrivano i cigni. Una leggenda che consiste nella fondazione della comunità, un mito e leggenda che ha unito generazioni di acesi, che ha prodotto la memoria dei primi baci, della maternità, del padre e della famiglia vestita a festa.

L’opposto dei benefici dell’acqua che scorre, che rende fertili, che si inabissa e ama è lo stagno. L’acqua ferma, che imputridisce, che non gorgoglia, non scorre e si ferma producendo malanni, distruzione del movimento continuo; batteri e zanzare maligne si annidano nelle putrida acqua ferma. Con le dita mozzate, lo sguardo al cielo che prima sembrava implorante e carico d’amore ma che l’incuria ha trasformato in uno sguardo di dolore rivolto agli dei. La leggenda e la memoria che si perdono nel vuoto mentre il giovane Aci muore nell’agonia e mai più tornerà ad essere acqua che scorre, fiume limpido, generatore di bellezza e poesia.

Colpire la potenza fondativa del mito, dileggiare la leggenda che accomuna la comunità, fermare l’acqua che scorre, togliere la speranza all’amore è come ridare potenza al gigante violento, riportare in vita e alla vittoria Polifemo che con rabbia si riprende la scena e porta agli allori il disprezzo per la bellezza. Il gigante torna a vivere e ci riconduce alla sconfitta collettiva. E non basta il coraggio e una fionda per metterlo a tacere, non basta l’indignazione e la resistenza, il gigante vince sull’amore e sulla bellezza, ferma le acque, schiaccia il giovane pastore, gode della disperazione della ninfa.

Nel giardino Belvedere la ninfa Galatea è piegata dal dolore, il giovane Aci soccombe, il gigante vive e vince. Questa la metafora che ci suggerisce il degrado in cui versa la scultura posta all’interno della villa Belvedere, questo il paradosso di una comunità che, lentamente ed inesorabilmente, ha perso la memoria fondativa, una comunità che prima ammirava la bellezza della ninfa e  la gentilezza del giovane Aci ma che con il tempo e la necessità ha voluto sostenere la potenza del gigante, la violenza di Polifemo simbolo del potere cieco e bieco che non ha rispetto per la tenerezza degli amanti, che non ama l’amore, che sconosce la dimensione luminosa dell’innamoramento.

(mAd)

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