martedì, Aprile 23, 2024
Google search engine
HomeDai lettoriCinquant’anni dalla morte di don Lorenzo Milani

Cinquant’anni dalla morte di don Lorenzo Milani

A cinquant’anni dalla morte di don Lorenzo Milani esce la raccolta di tutti i suoi scritti: due volumoni per un totale di quasi 2800 pagine. Alla prima presentazione è intervenuto il Papa con un messaggio video in cui ricordava i percorsi originali del prete fiorentino, percorsi – aggiungeva – «talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato».

Un anticipo di canonizzazione, parrebbe, tanto più che si associa alla visita alla sua tomba. Ma «ci vorrebbe del coraggio, un giorno, a canonizzarlo» diceva il suo padre spirituale. Del resto don Lorenzo sapeva che ai santi accade di essere venerati e di non essere creduti: «Tragico destino di chi vien dalla Chiesa benedetto e consacrato» ironizzava; e concludeva nel suo stile paradossale: «bisogna sempre parlare sboccatamente e ineducatamente e farsi odiare quanto occorre per essere almeno presi sul serio». Così a un giovane confratello augurava di «star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo». Nessuna canonizzazione, dunque. Meglio prenderlo sul serio. Per esempio leggendo i suoi scritti, se non con affetto come suggerisce sempre il Papa («l’affetto di chi guarda a lui come a un testimone di Cristo e del Vangelo»), quanto meno col rispetto che meritano.

Qualcuno parla di riabilitazione. Anche qualche anno fa, quando da Roma fecero sapere (l’arcivescovo di Firenze divulgò la notizia tutto contento) che nei confronti del libro di Milani Esperienze pastorali, di cui era stato decretato il ritiro dal commercio, c’era stato ‘solo’ un provvedimento di opportunità ma non era stata emessa alcuna condanna. Bella scoperta: si sapeva. Gli effetti di una condanna ci furono, però, e pesanti, specie per lui, che in più era già stato ‘esiliato’ in una parrocchietta di montagna. Un esilio vissuto con la «ribellione obbedientissima» che lui teorizzava e praticava: prendere le decisioni in piena autonomia e libertà di coscienza, e obbedire alle stangate che ne possono derivare; chi si comporta così, spiegava, «non blocca il progresso teologico, pastorale, sociale, politico».

Pre-canonizzazione o riabilitazione, una faccenda interna alla Chiesa cattolica italiana. O no? Niente affatto. Intanto, riabilitare vuol dire farsi eredi dei persecutori. Se di questo si trattasse, osserva lo storico Alberto Melloni che ha diretto l’edizione delle opere, sarebbe «il più vigliacco dei torti che ha subito e il peggior torto che potrebbero fare a stessi il cattolicesimo e la democrazia di questo paese». Anche la sfera politica è interpellata da quel prete che faceva scuola «in santa atmosfera d’apparente ateismo», come un «liberalaccio miscredente», e rivendicava: «nella mia scuola i poveri vengono educati con più ‘laicismo’».

Perciò sul versante laico e civile va segnalato l’evento del 5 giugno scorso tenutosi nel suo nome al ministero dell’Istruzione sul tema “Insegnare a tutti”. E ha fatto bene la ministra Valeria Fedeli a ricordare in quell’occasione Tullio De Mauro, scomparso sei mesi fa, per il contributo da lui dato alla realizzazione istituzionale delle pari opportunità educative, convinto com’era, con don Milani, che l’uguaglianza passa anche per il possesso della parola. Una lettera da Barbiana pubblicata ora per la prima volta è particolarmente chiara al riguardo: «Non c’è che una scelta – scriveva Milani –: o rientrare nella torre dei privilegiati a dirsi l’un l’altro cose altissime nel linguaggio privato degli eletti, o dedicarsi soltanto alla missione di dare un linguaggio ai poveri, ma che sia un linguaggio che intendano tutti, un linguaggio che apre e allarga la cerchia di chi intende, e non un linguaggio che restringe e esclude».

È la dimensione intuita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo saluto, con quella che pare una semplice sfumatura ma è un’indicazione sostanziale: don Milani «ha posto con forza la questione dell’uguaglianza tra cittadini [l’uguaglianza dei cittadini è già nell’articolo 3 della Costituzione] e della rimozione delle barriere tra di loro».

(Sebastiano Vecchio)

RELATED ARTICLES
- Advertisment -
Google search engine

Most Popular

Recent Comments