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Elezioni amministrative, è’ una questione di hashtag

Al concorso è obbligo presentarsi con un hashtag, uno qualsiasi anche lungo e con gli spazi tra una parola e l’altra. Un bel #confuso e felice ed elettorale, qualcosa che ricorda il “pay off” della tecnica di comunicazione ma, così, buttato come si faceva con le mollichine lanciate alle “papere” della villa. Ed infatti di papera si tratta, come è noto a chi conosce il significato di un hashtag gli spazi tra una parola e l’altra non compongono un modalità corretta di “archiviazione” ma nulla.

Poi ci sono quelli che si mettono a coppia. Belli, bellini, simpaticoni. Due bei santini misti in uno magari con sfondi di colori diversi e magari anche con rapporti di affetto. “Chi su ziti?”. Le donne in lista si prestano all’accoppiata ed alcuni “maschietti rampanti” si presentano con numerose coppie, diciamo creando un harem elettorale.

Poi ci sono quelli tenaci, braccia rubate alla coltivazione del “trunzu” che insistono ad ogni tornata elettorale, sono stati trombati e tenaci, il cuore oltre l’ostacolo si trovano in ogni luogo cercando di fiutare dove tura il vento. Portano quei quaranta consensi, spendono qualche migliaia di eurucci e poi, finito la prova del concorso, ritornano al lavoro quotidiano. Quelli che non si arrendono, quelli che “il governo non è stato votato dai cittadini”, insomma quelli con un profilo simpatico; ci provano e li trombano ma riempiono le liste e, come si dice dalla nostre parti, “ogni fegato di musca è sustanza”.

Il concorso è aperto e potrebbe garantire un posto a tempo determinato della durata (quasi certa) di cinque anni. Con buona volontà e duro lavoro si possono guadagnare fino a 1.100 euro al mese che, con i tempi che corrono, non sono certo da buttare via. Insomma l’adesione è aperta, i manager delle liste, li aspettano a braccia aperte perché la partecipazione è numerosa ma di anno in anno la gente incomincia a “schifare” ogni fatto riguarda la politica, il politicume, la politicozza del caxxo.

Valori, conoscenza, ideologia, senso di appartenenza? “Avaja mAd, non esiste un cazzo, di cosa stai parlando?”. Mi sposto in altri luoghi mentre da lontano mi sfiora lo tsunami del “santino” e mentre mangio un arancino al sugo non posso trattenere un ruttino che dedico con veemenza a tutti i “santi”, ai “santini” e alla morte di ogni cultura politica.

E’ questione di hashtag.

(mAd)

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