martedì, Aprile 23, 2024
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G7, l’uomo del muro ha detto no.

Mai come in questo G7 di Taormina abbiamo visto un’orda mediatica schierata a fianco dei potenti del mondo. Quei potenti che continuano a rimanere inermi e, a volte, complici degli eccidi e delle violenze che si compiono ogni giorno nel mondo. Un mondo in fiamme come non si era mai visto prima, luoghi che bruciano, bimbi che muoiono arsi vivi dalle armi chimiche; da Aleppo fino a Baghdad, con il medioriente sempre più polveriera e ogni angolo del pianeta assoggettato alle multinazionali delle armi e del petrolio. Un pianeta che brucia, che consuma il suolo, che inquina, che desertifica, che scioglie i ghiacciai; un mondo nelle mani degli strateghi della paura.

Ceti sociali spazzati via e inghiottiti da una crisi eterna, la finanza internazionale che detta le regole economiche, i governi nazionali che non hanno più diritto di parola, l’assenza di una proposta alternativa all’iperliberismo finanziario, un presidente americano che è il sovrano indiscusso del populismo, che pretende di alzare muri, che rigetta ogni analisi sul clima, che separa e divide e che trova in Putin l’alleato perfetto per colpire le democrazie europee e renderle più deboli, assoggettate ai poteri fortissimi internazionali.

Un G7 pessimo, forse il peggiore. Hanno parlato di terrorismo proprio quei signori che hanno “esportato” democrazia con le bombe e che hanno lasciato sul terreno il caos, hanno parlato di terrore gli stessi signori che hanno ridotto Aleppo in un luogo senza speranza, gli stessi che vedono nella migrazione di uomini inermi un problema da risolvere alzando muri.

Così mentre i grandi del mondo gustavano granite e arancini al sugo, i piccoli del mondo continuano a morire mentre cercano luoghi migliori dove vivere, i piccoli del mondo ogni mattina si sbattono per un lavoro sottopagato, sfruttato, precario. In tutto questa messa in scena mediatica sappiamo che non si è raggiunto alcun accordo sul clima, che il terrorismo non si frena con i muri e che Trump e compagnia sono solo i pupazzi in mano ai grandi poteri planetari.

Nel mezzo della sceneggiata, un uomo urla “pace, no guerra”. Renato Accorinti quella voce fuori dal coro che viene vilipesa e offesa non solo da piccoli politici locali ma anche dalla stessa gente che soffre e che non trova il futuro. Davanti ai potenti un uomo ha gridato “pace”. Un uomo, solo uno, per il resto tutti genuflessi e proni al potere mentre il mondo brucia e il futuro sarà una dimensione di maggiore povertà, di disastri ambientali, di guerre tra i poveri.

(mAd)

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