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Gli Abeti delle Madonie e la Timpa di Acireale di Agatino Sidoti

vallone di agatino sidotiUna lunga riflessione riservata a chi “sente” in se l’intelligenza naturalistica.

Solitario, un venerdì di agosto, risalgo il sentiero di Vallone Madonna degli Angeli (Polizzi Generosa, PA) per controllare la salute degli ultimi abeti di Sicilia. E’ il primo giorno. Quello del rinnovato stupore per una natura apparentemente (ma mai) uguale a se stessa, dei pensieri che si rincorrono, del ritrovarsi per continuare a lottare e a credere in questo sempre bellissimo lavoro, ma sempre più a rischio di spending review. Alla bellezza degli Abies nebrodensis, si contrappongono la scarsa segnaletica, nessuna informazione sulle loro peculiarità o sui punti panoramici del sentiero o sulla vegetazione che s’incontra o ai piccoli abeti che, appena nati, già lottano per la sopravvivenza. Unici miei compagni di viaggio sono un timoroso cinghiale e un fuggevole falco pellegrino. Nessun escursionista nazionale o straniero. Di fronte alla magnificenza del portamento dell’arvulu cruci cruci e alla forza poderosa delle sue radici che estraggono il nutrimento anche sui nudi ghiaioni, un cristiano imperfetto non può che ringraziare Dio per il dono del creato e del talento ricevuto.

Il secondo giorno  è quello della fatica: gli Abies ora sono più distanti. Ma è anche quello della riflessione che si mescola con la rabbia. Sono le 13 di un sabato d’agosto e anche oggi, in uno degli ambienti naturali più incantevoli di Sicilia, unico mio compagno di viaggio è un animale: un maschio di daino. Ma i turisti che arrivano in questa isola vanno solo al mare? Non sappiamo valorizzare le tante risorse naturalistiche che gestiamo (malamente) sia in termini di fruizione che di assortimenti legnosi o di altro genere potenzialmente ritraibili dai nostri boschi.

Inevitabilmente, il pensiero vola alla riserva naturale orientata Timpa di Acireale che, in sostanza, esiste solo nell’elenco delle aree naturali protette di Sicilia. Manca la Gazzena, l’ultima area testimone del paesaggio costiero etneo. Unica e bellissima. Espressione storica, culturale e identitaria degli abitanti delle Aci. Un altro patrimonio inespresso che potrebbe ancor di più dar senso e significato alla creatività giovanile che ha già inventato il laboratorio di idee che è “Timpaviva” e potenzialmente ad altre iniziative che se sostenute potrebbero tradursi in lavoro duraturo. Non solo però per pochi giorni all’anno. Abbiamo iniziato a ragionarci. Servirà, anche qui, un profondo cambiamento nel modo di pensare e di fare. La pianificazione partecipata (piano d’utilizzo e di sistemazione), la progettazione (acquisizione al demanio regionale delle aree più significative, il restauro naturalistico), la programmazione (fruizione controllata possibilmente con un partenariato pubblico/privato). Un impegno straordinario, che dovrà coniugare l’amore gratuito per il proprio territorio e azioni di buona politica, in ambito locale e regionale. Al di là degli steccati ideologici e di partito.

Sono le 13, 30. Finalmente incontro due persone. Turisti ? No. Due albergatrici palermitane che scambiano un cedro deodara per un Abete. Mi dicono che i loro 2000 ospiti/anno più che il mare desiderano passeggiare, scoprendo le bellezze naturalistiche della Sicilia. Sono piacevolmente sorpreso. Dopo aver cercato, inutilmente, ovunque mappe descrittive e con immagini dei sentieri più belli dei parchi siciliani, hanno pensato di costruirsele da se. Lamentano le stesse carenze organizzative e di pianificazione/programmazione sul piano della valorizzazione delle risorse naturali di Sicilia da me già riportate. Penso, con poca soddisfazione personale, che forse le mie non erano fantasie del solito “fissato” uomo di foreste.  Il terzo giorno è domenica. Il resto della famiglia protesta. L’uomo delle foreste cede. Si va al mare.

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