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Il Mito in esilio, il racconto interrotto. Non c’è magia ma solo disperazione

Il mito, cioè, il racconto è l’elemento fondativo di ogni comunità. Intorno al Mito si fondono le modalità ancestrali della convivenza, sono le travi che sostengono la magia del racconto, il mistero della fondazione. Il Mito è, quindi, centrale nella costruzione leggendaria dei popoli. Da sempre.

Ad Acireale, abbiamo il mito del pastore Aci e della ninfa dei mari la bella Galatea. E’ una storia d’amore senza lieto fine ed è questo che la rende struggente, dolorosa, fortemente fondativa. Il ciclope rappresenta la forza bruta, la violenza, la gelosia, la rabbia ed ogni altro sentimento truce. Rabbioso e mostruoso uccide il pastorello Aci e la ninfa può solo, per amore, trasformare magicamente il sangue in acqua e il giovane Aci in un fiume; lo rende eterno.

La storia la conosciamo tutti, quello che ancora non siamo riusciti a mettere bene a fuoco è che quando la leggenda, il mito, la stessa fondazione delle comunità viene deturpata, vilipesa, isolata, nascosta alla vista, allora vuol dire che quella comunità è in disgregazione, pronta per essere dispersa per sempre.

Nella nostra città il vilipendio al mito è evidente camminando lungo il viale centrale della villa Belvedere, non solo perchè la scultura di Aci e Galatea è immersa nel degrado, non solo per le transenne abbattute e per l’abbrutimento che vi si esercita tutto intorno nei confronti della natura ma, soprattutto, per la tristezza presente nel volto di Galatea e per il dolore pulsante e vivo di Aci.

Chiarisco meglio. Quando la scultura di Aci e Galatea era immersa nella bellezza e nella naturalezza dei luoghi il nostro sguardo non si posava sul dolore di Galatea e nella morte di Aci, lo sguardo andava, svolazzava, nel mito e non vi poteva essere un sentimento di dolore e tristezza ma di armonia e amore eterno. La nostra imamginazione, il frutto del mito, la potenza della fondazione leggendaria volava nel mistero e diventava comunità e condivisione dei luoghi. Oggi il nostro occhio e i pensieri volano nella decadenza dei luoghi, soffriamo per Galatea e per il pastorello Aci, oggi sentiamo il ciclope urlare furioso ed abbiamo paura di essere uccisi dalla rabbia e dalla violenza di Polifemo. Non vediamo più magia e amore ma dolore e disperazione.

Con la devastazione dei luoghi il mito scompare inghiottito dalla miseria degli uomini, la leggenda diventa incubo, la condivisione si trasforma in egoismo e la paura per il ciclope è chiaramente rappresentata nell’incapacità a conquistare e vivere la bellezza e a mettere al bando il degrado e la distruzione.

Decenni di misera ordinaria amministrazione hanno ucciso il Mito, disgregato la comunità.

(mAd)

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