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Ipab Oasi Cristo Re, shhhhhhh!

Qualche volta il silenzio è d’oro altre volte è complice e volgare. Davanti alla protesta vibrante e faticosa come quella che da sei lunghi giorni prosegue all’Ipab Oasi Cristo Re abbiamo sentito un gran silenzio. Chi “se ne occuperà”, chi “meglio non strumentalizzare, siamo in campagna elettorale”, chi pensa solo a ricevere gli ospiti nel “comitatone” e chi (tanti) non è “competenza nostra”. Di fatto regna il silenzio e bocche cucite e orecchie chiuse e sorde davanti alla questione che sta mostrando come la dirigenza politica regionale e locale sia, di fatto, incapace a dare risposte.

Si attende il risultato delle elezioni regionali del 5 novembre 2017 per capire meglio come e da chi verrà affrontata la questione delle Ipab siciliane. Questi carrozzoni che sono servite negli anni per fare clientelismo e gestire posti di sottopotere per sfigati e trombati alle elezioni. Cda, commissari, decreti ingiuntivi presentati e ritirati, tavoli tecnici, promesse, occ, parole e niente fatti. E’ arrivato l’anno zero e sul territorio rimangono patrimoni immobiliari decadenti ma ancora di valore e, per l’occasione, non abbiamo sentito neanche la voce della Diocesi e dei parroci acesi che qualche tempo fa avevano manifestato la loro solidarietà con la produzione di una lettera aperta.

Intanto i lavoratori dell’Ipab Oasi Cristo Re di Acireale continuano la loro protesta, gente che lavora e che non viene retribuita un fatto che neanche nelle piantagioni di cotone dell’800, fatti che neanche gli emigrati italiani in Belgio che scavavano nelle miniere, fatti da pre rivoluzione industriale, fatti drammatici e surreali che non danno alcuna giustificazione alla deputazione regionale e ai suoi vertici che si sono sempre distinti per essere i primi in Italia per “pesantezza” dello stipendio.

Oggi (22/10/2017) brutto tempo e la stanchezza aumenta, i lavoratori in protesta devono iniziare una nuova formula per fare sentire la loro voce, una formula che non deve presentare rischi per la salute ne minacciare atti estremi. I lavoratori da giorni chiedono la presenza non solo dei politici ma anche dei cittadini acesi; una presenza che può anche essere discreta, per un saluto, per portare una parola di conforto, per condividere la lotta per la remunerazione del lavoro. Ma, si sa, tanti acesi sono personaggi difficili da coinvolgere, tanti preferiscono una bella cena elettorale, quattro minchiate e una birra sul divano per la partita di calcio alla tivù.

Hanno scritto in tanti “chiamate Le Iene”, formula che mi fa inorridire perché penso che una redazione giornalistica non dovrebbe avere bisogno di essere chiamata ma dovrebbe sentire la notizia e divulgarla senza inviti e senza telegrammi e mail. Invece, anche questo è profondo sud, cinquanta famiglie nel disagio sembra che non meritano le pagine della cronaca politica nazionale, tanti si precipitano per la coda del pavone e per altre amenità e ridicolaggini, per il dramma non c’è tempo, non c’è attenzione. E se, ancora oggi, chiedi agli onorevoli di esprimersi con fatti concreti diranno “non ho tempo, devo inaugurare una bottega”.

Solidarietà ai lavoratori, fino alla vittoria.

(mAd)

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