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Ivan Castrogiovanni: Parole chiare sull‘ ”immigrazione”

Eleth_laurea
Parole chiare sull ‘ ”immigrazione”.
Confesso che ho aspettato molto tempo per prendere posizione sul fenomeno dell’ingresso di centinaia di migliaia di africani ( al 98 per cento) in Sicilia negli ultimi anni. Il timore, fugato però dalla necessità di fare chiarezza ( ma nessuno me l’ha chiesto) dipende dalla voluta aura di indistinto, di impotenza che circonda questa operazione dai risvolti ancora incogniti, accompagnata da un consolatorio ‘Deus vult’ che interessa innanzitutto le masse cristiane.
Una premessa c’è da fare: ci sono voluti quattro secoli buoni all’America per digerire, attenuare (riuscendoci poco e male, come dimostrano i più recenti scontri ‘razziali’, o l’esigua percentuale di matrimoni interraziali che interessano gli Stati Uniti: non oltre quattrocentomila famiglie) la tratta dei dieci milioni di africani attraverso l’Atlantico. Qualcuno, che tratta i popoli come pedine, pretenderebbe che noi si compia lo stesso metabolismo in soli venticinque anni (mettendo come limite a quo il 1990, che segna a parer mio l’inizio dell’ondata delle popolazioni in un primo momento maghrebine, spinte dalla sconfitta storica del colonialismo francese di qualche decennio prima).
Tuttavia, così come parlo ai miei studenti dell’invasione dorica della Grecia (naturalmente, lì si è trattato di una penetrazione militare di popoli organizzati logisticamente, che comunque, come avviene a questo mondo, dopo duecento anni di sofferenze, di “medioevo ellenico”, si è trasformata in una stupenda nuova fioritura di quella civiltà), non sto qui a prendere posizioni impossibili, che il mio osservatorio, tra l’altro, non mi permette di sostenere con buoni strumenti d’indagine.
Certo, mi è sembrata di una leggerezza incredibile l’affermazione dell’attore comico Rocco Papaleo che al festival di Sanremo cui partecipò qualche anno fa disse press’a poco: “uniamo gl’immigrati con gli italiani,agitiamo e facciamo una bella shakerata”. Con questo non dico che non possano sorgere unioni in tal senso. Ma non sono argomenti da trattare con tale, comica, leggerezza.
Comunque, quello che mi preoccupa è il modo di affrontare la cosidetta immigrazione. Dal punto di vista culturale, innanzi tutto. A parte che sentiremo tra non molto parlare, quando l’ingresso nell’Europa centrale sarà precluso definitivamente, di fenomeni di sbandamento all’interno (nei territori agricoli) del territorio siciliano di gruppi di centinaia di persone che creeranno forme di villaggi spontanei non sottoposti ad alcuna legge (specie civile) e occupazioni anche di aree intraurbane, mi chiedo, accantonando in questo momento la delicatissima questione del lavoro, su cui la demagogia si spreca, cosa fa lo Stato per non ridurre alla selvaticità gli immigrati. Qualche sparuto e timido esempio è venuto sotto la spinta dei fatti di Amatrice: finalmente si è visto che (pochissimi) hanno preso coscienza del principio di solidarietà, anche se già ho sentito polemiche assurde, come quella di chi dice che forze ignote, utilizzando gli africani, vorrebbero risparmiare sugli elmetti protettivi!
Non sento mai parlare di persone avviate agli studi (eppure si dichiara che tra gl’immigrati ci sono molti laureati!) o a corsi professionali, non mi risulta che ci siano corsi accelerati di cultura generale, a partire da un minimo di cultura scientifica e tecnologica, non mi risulta che ci siano social media in cui africani e italiani s’incontrino e discutano di problemi che non siano solo gli euro al giorno dati per la sussistenza; gli immigrati sono al di fuori di ogni fatto culturale.
Non mi risulta che autorità o personalità del Niger, o del Congo, o del Mali etc., vengano in Italia, ricevuti dalle Direzioni generali per la cooperazione, a tenere i collegamenti con gli immigrati, magari con grandi festival dell’immigrazione , gestiti da quei popoli e non dal PD….
Mi sono limitato a queste prime riflessioni, disordinate. Ma il problema esiste e presto si manifesterà nella sua drammaticità.
P.S. non sono riuscito a trovare in internet una sola foto di un africano/a (recentemente immigrato) che studia sui banchi dell’università.
Ivan Castrogiovanni

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