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Piccola storia di Jaci – Frane sulla Timpa, 1933

Nel marzo 1933 , il Dott. Fichera scriveva un lungo articolo sul “Popolo di Sicilia” che si intitolava “Le Frane minacciose della Timpa”.

“L’acqua che nella notte dal 13 al 14 febbraio precipitò paurosa per la “Timpa” provocando frane, distruggendo l’antica e ardita strada a rampe, è ormai passata sotto i ponti dell’oblio. I 1200 abitanti di Santa Maria la Scala vivono e si moltiplicano sotto la minaccia che incombe paurosa sulle case dichiarate inabitabili; pochi, pochissimi di noi , si preoccupano del secolare problema. La podesteria ha compiuto il suo dovere, ha sollecitato il Genio civile, ha interessato le autorità superiori, continua ancora a interessarle, illustrando e documentando la gravita’ della situazione. Per intendere in tutta la sua vastità il problema della Timpa bisogna cominciare con l’esame del sistema di smaltimento delle acque piovane della nostra città….. Quasi tutte le acque piovane dei quartieri lato est a partire dalla Piazza Duomo si riversano al mare. Il terreno, dalla via Galatea in poi, presenta una forte pendenza verso la linea ferroviaria. Questo terreno, cosi acclive, si protrae in alcuni punti per un buon tratto al di la’ della ferrovia, poi segue un salto,in certi posti quasi verticale, per un estensione di circa 600 metri e con una altezza di quasi 1200 metri. Questo salto e’ costituito da rocce laviche di apparenza quasi compatta. La realtà invece e’ diversa. Le rocce sono niente affatto compatte. A questo salto arrivano le acque piovane della parte est della città. Arrivano dalle strade, dalle proprietà soprastanti ed in parte da una fognatura. Queste acque cadono liberamente sulla Timpa e con decorso naturale si portano al mare, raggiungendo prima l’ultima rampa della strada che unisce il villaggio alla città. Le acque cadendo contribuiscono allo sfaldamento delle rocce non compatte della Timpa e trascinano perciò ingente quantità di materiale che determina il sempre maggiore ed irregolare allargamento del loro irregolarissimo alveo con grave danno dei terreni sottostanti e delle abitazioni del Mulino. Ad aggravare le precarie condizioni della Timpa concorre la coltivazione di piante le cui radici slegano di più i massi ed approfondiscono le fessure.”

(il Popolo di Sicilia 14 marzo 1933)

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