La sera del 20 febbraio 1818 la zona acese fu di nuovo sconvolta dal un terremoto che causerà danni e vittime in modo particolare nella borgata dei Patanè, nella vicina Acicatena e a Zafferana Etnea. Testimonianze sul sisma ci sono pervenute da Lionardo Vigo Calanna nella sua “Notizie storiche sulla città di Aci Reale” e dal can. Salvatore Bella nella sua pubblicazione “Memorie storiche sul Comune di Acicatena” , testimonianze che gli scorsi anni abbiamo accennato su questa rubrica. Un saggio molto importante, che ricostruisce le dinamiche del sisma e la successive vicende sulla ricostruzione, fu pubblicato dallo storico prof. Antonino Patanè su Memorie e Rendiconti del 1998 col titolo “Vicende sociali, politiche,amministrative ed urbanistiche ad Acireale dopo il terremoto del 20 febbraio 1818”.
La premessa al saggio descrive il sisma:
Un sisma alquanto strano e abbondantemente al di fuori dalle schematizzazioni passate che hanno permesso di analizzare e classificare sotto vari aspetti i grandi sismi del 1542, del 1693 e del 1783. Il 20 febbraio 1818, tutto l’impianto vulcanico etneo da Nord a Sud e da Este a Ovest si scosse all’unisono come forse era mai accaduto nei secoli passati.
Al momento delle scosse del 20 febbraio molte persone, sopratutto quelle abitanti nelle vicinanze delle Timpe di Acicatena ed Acireale avvertirono un rumore di tuono e poi un cupo rimbombo, fenomeni sonori seguiti da un ondeggiamento pauroso dei fabbricati. Molti muri delle case franarono oppure si presentarono subito dopo quasi tutti strapiombati e con profonde spaccature verticali, mentre subirono grossi danni sopratutto i tetti con lo spostamento delle travi pesanti. Una caratteristica fisica degli effetti di queste scosse fu l’aprirsi di profonde faglie e larghe fenditure nel terreno, senza una predominante direzione. Dopo diversi e approfonditi sopralluoghi ne furono notate nel territorio di Acicatena, dietr il monte Serra a Viagrande, nel sobborgo di Pozzillo. Sopra Zafferana in contrada Airone, alcuni massi si staccarono e rovinarono in basso,per fortuna senza gravi conseguenze.
La ricostruzione, affidata all’Intendente di Catania, Duca di Sammartino, fu lenta e insufficiente a livello di fondi, ne soffrirono soprattutto le classi meno abbienti. Nell’acese la contesa dei lavori di ristrutturazione e ricostruzione videro la contrapposizione di vari gruppi locali, la futura classe dominante cittadina.
(S.P.)