giovedì, Marzo 28, 2024
Google search engine
HomeCulturaPiccola storia di Jaci - L'affondamento del mercantile Terni, 16 giugno 1943

Piccola storia di Jaci – L’affondamento del mercantile Terni, 16 giugno 1943

Durante la II guerra mondiale le acque che vanno da Santa Maria la Scala al Capo dei Molini furono zona di caccia per i sottomarini britannici. Si tento di arginare il fenomeno con l’impianto di una postazione di artiglieria nel bastione del tocco e la costruzione di punti di osservazione nella Pietra Sappa alle Acque grandi e a Capomulini.

L’affondamento del mercantile “Terni”
Il “Terni” era una nave mercantile utilizzata dalla Regia Marina, nel corso del secondo conflitto mondiale, per il trasporto di materiali e viveri dal porto di Napoli verso i porti della Sicilia orientale. Prima di battere bandiera italiana la nave era appartenuta alla “Compagnie de Navigation Paquet” di Marsiglia ed era denominata “Azrou”. La società armatrice francese utilizzava l’Azrou sulla rotta Marsiglia – Libia – Marocco come nave mista, passeggeri e merci.

Il Terni viene colpito e affondato, al largo di Capo Mulini (CT), la sera del 16 giugno 1943 mentre è in navigazione verso il porto di Siracusa proveniente da Napoli, in servizio di spola per portare rifornimenti ai militari di stanza in Sicilia. Il sommergibile inglese “HMS Unison” (che aveva già in precedenza affondato altri due mercantili italiani, l’Enrichetta ed il Maria Foscarini) lancia un siluro da distanza ravvicinata che colpisce il Terni sulle mura di sinistra.
L’equipaggio, in un disperato tentativo di salvare la nave, dirige la prua verso la costa e fa appena in tempo a calare le ancore prima che il mercantile si inabissi definitivamente.

Oggi, ad un paio di chilometri dalla costa, con la chiglia rovesciata, giace su un fondale sabbioso quel che rimane di questa nave. Per raggiungere il relitto basterà ancorare in corrispondenza del rudere di una vecchia casa in pietra lavica, posta proprio alla base della parete rocciosa che costituisce parte de La Timpa. Quì il fondale è di appena tre metri. Una volta entrati in acqua si pinneggia per pochi metri finché il fondale forma uno scalino che precipita verticale fino a quaranta metri. La parete scende verticale, ma già verso i quindici metri di profondità si scorge l’inconfondibile sagoma della grande nave capovolta, con elica e timone rivolti verso l’alto.

La grande elica ed il timone chiaramente visibili costituiscono i primi elementi della nave con i quali si viene a contatto: costituiscono forse il punto d’immersione più suggestivo ed offrono una varietà di spunti fotografici che non stancherà mai chi sa sfruttarli al meglio. Successivamente si percorre la fiancata proprio in corrispondenza del punto in cui il siluro colpì la nave; da questo squarcio è possibile penetrare all’interno del relitto. La penetrazione è breve (7-8 metri al massimo) e sicura (si effettua in linea retta “da luce a luce”); è tuttavia raccomandato l’uso di una potente lampada in quanto l’oscurità all’interno è pressoché totale e si rischia di non vedere un granché senza.
Si fuoriesce da un altro squarcio in prossimità della prua, che è visibile nella sua interezza non essendo stata interessata da danni, e l’immersione prosegue lungo l’adiacente parete seguendo la grossa catena dell’ancora; anche quest’ultima è ricca di vita e di gorgonie rosse (Paramuricee), che ne impreziosiscono le grandi maglie adagiate sul fondo.

Oltre al già citato ingresso esiste tuttavia almeno un altro punto dal quale è possibile penetrare all’interno della nave ma ci sentiamo di sconsigliarlo vivamente sia per l’angustia dei locali che per la grande quantità di sedimento che ricopre il fondo degli stessi, che se disturbato potrebbe improvvisamente far calare a zero la visibilità; alcuni accessi sono addirittura senza sbocco.

La profondità è variabile tra i 30 ed i 38 metri, rendendo questa immersione di media difficoltà.

(dalla pagina web “Diving Sicily”)

RELATED ARTICLES
- Advertisment -
Google search engine

Most Popular

Recent Comments