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Piccola storia di Jaci – Lo Foco del 1669

L’8 marzo del 1669 iniziava una delle piĆ¹ devastanti eruzioni dell’Etna che si sarebbe arrestata soltanto l ’11 luglio dello stesso anno dopo aver sommerso gli attuali comuni di Nicolosi, Belpasso, San Pietro Clarenza, Camporotondo, Misterbianco, Mascalucia, Gravina e raggiungendo la zona occidentale di Catania.

Nel corso dell’eruzione del 1669 venne effettuato un tentativo di deviazione della colata lavica che minacciava Malpasso. Un gruppo di persone guidate dal sacerdote don Diego Pappalardo di Pedara e dagli acesi, dott. Saverio Musmeci e dal pittore Giacinto Platania, coperte di pelli a protezione dal forte calore, con pale, picconi , uncini e scalzatori, aprƬ una breccia nel canale lavico per far defluire in parte la lava verso ovest. Il magma in un primo momento sembrava dirigersi verso PaternĆ². I Patornesi intervennero per impedire che si continuasse nel tentativo di deviazione del fronte lavico, arrivando a minacciare le vite dei tre. Le autoritĆ  , pertanto, decidevano di lasciar correre il magma fin dove la divina Provvidenza lo aveva destinato.

La Terra di Aci – Aquilia, per fortuna, non fu interessata dal fronte lavico. I Giurati, il Clero e la popolazione acese prestarono ospitalitĆ  alla popolazione e clero catanese.

Molto interessante ĆØ lo scritto del sac. Pasquale Calcerano (pubblicato dal Can. Raciti Romeo) che ci fa conoscere in modo dettagliato quelle tragiche giornate vissute dai nostri antenati. In basso pubblichiamo l’inizio della cronaca.

Lo Foco 1669 anno del Signore 1669 alli 8 di Marzo

(carta 25)

Giorno di VenerdƬ (5 marzo) verso la sera si senti tremare al terra che seguƬ il terrimoto sino alla Domenica e lunedƬ, et ad hore 22: undici di dĀ° si sentƬ un gran colpo d’ artigliaria alla Montagna di Mongibello aprendosi una grande Voragine verso il Defiso tonando et sparando cossƬ spesso che non dava spatio di piccolo momento, che fece atterrire tutti i Viventi. Il MartedƬ 9 del corrente, la notte, stando tutti li Terri convicini squietati dicendo fra loro: la Montagna [Ć ] giĆ  exalata. Li terrimoti giĆ  si sono acquietati, benchĆØ per tali terrimoti cossƬ spessi, li genti della Terra della Catina, S.Lucia, Casalotto, Viagrande, 3 castagni, Pidara, Nicolosi, Monpileri, Malpasso, S. Pietro, Camporotondo, S. Gio: di Galermo, ed altri Terri, per tali terrimoti, tutti usciti delli proprij casi in campagna, et tra i loro Cortigli, con Paviglioni di Campo, cui con tendi, Cannizzi, et altri con fraschi, si accomodaro li loro letti, dubbitando che per tali terrimoti, non ci cascassero li proprij casi, nel loro dormire. Credetemi o lettore, l’omini et le donne erano deventate statue di marmo.

(sac. Pasquale Calcerano)

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