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Piccola storia di Jaci – Musica al Belvedere come una volta. 1939

Articolo del dott. Alfio Fichera che ci fa ricordare i fasti della Fiera dello Jonio e i Concerti bandistici che si svolgevano alla Villa Belvedere , teatro naturale delle estati acesi.

Canterini, poeti estemporanei, sonanti gesta di cavalieri antichi, giornale parlato, mostre ed esposizioni si sono avvicendati nel recinto della Fiera.

Novità recenti, semi-novità, novità assolute e ammirate e gustate dal pubblico che applaude e si entusiasma.

Ma stasera si rivive una serata di un passato non tanto prossimo ed è una serata popolarissima, perchè la banda musicale, – con gli ottoni luccicanti e splendenti, con le divise ricche, con il maestro che batte il tempo sul podio e chiama con gesto energico la classe strumentale, ed invita il solista con morbido cenno e trascina nei finali tutta la massa, ottoni, legni, timpani, e piatti, come se li  sostenesse con le sue braccia levate nell’orgasmo del crescendo – ha  avuto sempre le simpatie del pubblico che ama sentire le classiche sinfonie ed  i pezzi d’opera, nutrimenti spirituali per  l’anima.

Le famiglie si sono disposte in cerchio attorno al podio, i garzoni distribuiscono sedie nei punti strategici, lungo il viale di centro negli angoli riposanti, gli amatori appassionati sono all’impiedi  attenti con gli occhi fissi sul maestro che è capo, guida, animatore e regista spirituale della serata e ad essi non scappa una variazione, la più piccola incertezza, lo stacco non sicuro del pistonino nella tal romanza, l’entrata non perfettamente a tempo dei clarini, la voce non completamente limpida del bombardino, il calare del corno a squillo. Ci sono tutti gli ammiratori, sempre quelli, tutte le famiglie, sempre quelle, c’è la massa di popolo che si commuove nella scena della pazzia di Lucia che  il pistonino sospira, che s’infiamma di sacro furore quando il bombardino invoca tremenda vendetta per il gobbo buffone e si commuove quando Mimì che passare l’inverno in solitudine è cosa da morire.

Serata popolare come quelle di una volta quando quaranta professori nella candida divisa estiva si partivano da piazza Cappuccini per recarsi ad eseguire il concerto al belvedere, il maestro in testa, che una volta fu Risi, altra volta Caravaglios e poi Doncich, e Calì e Mansi, bacchette celeberrime e professori d’eccezione, trombe soliste che squillavano come quelle dell’ Apocalisse, tromboni che avevano voce umana e quel famoso bombardino che cantava, cantava con quella voce pastosa e potente come baritono di gran classe, specialmente  quando il generoso vino dell’ Etna gli scaldava l’anima.

Serata musicale al Belvedere come una volta quando le più belle donne acesi sfoggiavano abiti vaporosi e gioielli preziosi, quando tra un pezzo e l’altro era di rito una affacciatina dal balcone della terrazza per riempirsi l’anima di quel profumo d’infinito, ed ammirare la via argentea che la luna segnava su le acque chete. Come una volta quando la città era orgogliosa dei suoi quaranta virtuosi professori e del maestro di gran classe.

Non c’era allora la radio, e la sensibilità musicale del popolo si polarizzava sulla banda civica, amata da tutti, guardata da tutti con gelosa affettuosità, la banda che suonava i pezzi classici e quelli moderni, le marce trionfali e gl’ intermezzi sospirosi, il ballabile finale ed il pezzo caratteristico nelle grandi occasioni, scritto dal maestro Risi con gli “a solo” del corno inglese e del fagotto.

I vecchi rivivono nella serata popolare  i giorni della loro età felice, i meno vecchi ricordano le fresche serate estive al Belvedere con una punta di nostalgia, i giovani ascoltano con interesse il racconto delle vicende dei rinomatissimi professori e delle bacchette illustri, come quelle dei personaggi leggendari. Serata nella quale fioriscono ricordi e memorie e par di essere tornati indietro nel tempo quando i cocchi di lusso tirati da grandi cavalli ungheresi le donne più belle vestite di seta e di raso, ornate di gioielli preziosi, venivano al Belvedere per ascoltare le tenere vicende di Mimì o il tenace amore di Aida cantati dalla banda musicale.

Dott. Alfio Fichera da “Il Popolo di sicilia” 26 luglio 1939

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