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Piccola storia di Jaci – “Una Granita ad esempio” di Giuseppe Bella , 1988

Metti una mattina di piena estate, quando nemmeno il fresco della notte è riuscito a spezzare il maligno sortilegio dell’afa, che grava per giorni e giorni, senza fine. Il mare, giù in fondo alla timpa, offre in questo caso – è vero- un rifugio di leggera frescura a chi avesse eletto le sue rive a dimora ininterotta; e comunque, la città trattiene nel suo ventre la gran parte dei residenti (turisti occasionali compresi). Che fare, dunque? Quali strategie sarà utile suggerire al turista impreparato a sorreggere – fisicamente, dico – l’urto del clima agostano, con quei venti africani che non attenuano nella loro corsa sul mare, feroce sentore di deserto infuocato?

Una mattina, dunque, di mezza estate; l’orario compreso tra le otto e le undici; la temperatura, facciamo 37 gradi. Il consiglio che subito vi diamo è questo: una granita per colazione, e poi – prima del bagno- un bicchiere di selz limone e sale. Per il selz potete servirvi indifferentemente, in uno dei tanti chioschi che troverete lungo il Corso Umberto.

Per la granita, invece, vi raccomandiamo di seguire un attento rituale; che richiede un tempo considerevole a vostra disposizione. Non si pretende certo l’intera mattinata: ma almeno un’ora libera da impegni è la condizione minima perchè possiate trarre il massimo di piacere dalla degustazione.

Forniti di panini appena acquistati (panini si badi, e non brioches: non lasciatevi sedurre dall’aspetto liscio ed edulcorato di questa ultime, che solerti camerieri vi proporanno insieme alla granita: esse poco si addicono alla sua sostanza magmatica, che rapidamente le riduce in politiglia sgradevole), forniti di panini croccanti, dicevo, sceglietevi una gelateria attrezzata di tavolini, meglio se all’aperto. Il rito della che state per cominciare, infatti, non sopporta la triste serialità e la concitazione del fast food, ed è fieramente avverso all’ideologia dell’inghiottire veloce e funzionale. Evitate pertanto i posti frequentati dagli impiegati in orario di colazione.

Ora siete comodamente seduti. Se soli, potete leggicchiare il giornale, in attesa dell’ordinazione; se in compagnia, profittate della lentezza endemica del servizio per una piacevole conversazione sui pregi del barocco locale. Oppure state zitti, in contemplazione del paesaggio urbano. Insomma, in questa fase, regolatevi come credete. Poi ordinate una granita di mandorle macchiata di caffè (senza panna!), passando sopra una lunga sequela di granite alla frutta (specie se esotica): diffidate dei coloranti!

infine, prima di intengere un tozzo di panino nella granita, mescolatela un poco per ridurne la consistenza, evitando però che essa si liquefaccia oltre misura. Dopo di che, si dia inizio alla delibazione. Ma lentamente, senza ingordigia. Non dimenticate mai che la granita – o meglio : il rito della sua degustazione – rimanda ad una antica filosofia, forse di origine araba, o addirittura di derivazione epicurea, che nella nostra lingua immaginifica suona cosi: “Futtitinni”.

Dimentichi di ogni premura, e attentissimi alle risonanze mitiche che il gusto di mandorla suscita nel vostro animo, state così rivivendo il “savoir vivre” del “giovin signore” siciliano: che, dinanzi alla mezza granita d’una volta, era disposto a dilapidare non un’ora ma la mattinata intera. Infine sazi, avrete consumato la granita fino all’ultimo residuo; e, se resisterete alla tentazione di ordinarne un’altra, sarete nella migliore disposizione di spirito per sopportare l’afa e l’insistenza della mosche. Vi attenderà il mare, oppure le pregevoli Basiliche barocche. A voi la scelta.

Dall’opuscolo “Acireale e dintorni” numero unico luglio – 1988 realizzato da Giuseppe Barbagallo . Mario D’Anna e Salvatore La Rosa.

 

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