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Vie Traverse riapre i battenti con “L’alunno del tempo” di Salvatore Borzì.

Ieri pomeriggio, presso l’antisala del Palazzo di Città il gruppo Vie Traverse ha dato inizio alla sua rubrica “Scritto e Parlato” con la presentazione del romanzo “L’alunno del tempo” del docente di lettere, greco e latino presso il Liceo classico Gulli e Pennisi, Salvatore Borzì. Il romanzo, presentato dal professore Giuseppe Condorelli (docente, scrittore e saggista) e accompagnato dalle dalle domande dell’esperto di politica internazionale, Pietro Figuera’, è un incontro immaginario tra l’autore e il giudice Filocleone, protagonista della commedia di Aristofane, Le Vespe, il quale “per un caso singolare era stato risparmiato dalla morte”. Il protagonista rivela come grazie a questo dono dell’immortalità egli abbia avuto la possibilità di viaggiare nel tempo, arrivando fino ai giorni nostri, dialogando con diversi personaggi della storia, per rendersi conto delle difficoltà insite nell’atto di “giudicare”. Dice infatti Filocleone: “Così ho attraversato un numero infinito di generazioni, durante le quali ho presieduto processi a streghe, eretici, untori, delinquenti comuni e colpevoli di atroci misfatti. Ho avuto anche la preziosa occasione di leggere, studiare, conoscere la meditazione di filosofi, letterati, giuristi di ogni epoca e nazione sulla natura e la responsabilità del giudicare”. Sarà proprio il prendere parte ad una vicenda dei giorni nostri che lo porterà ad un ripensamento sul suo ruolo, insieme alle letture fatte sulla giustizia. Questa riflessione lo porta a capire che prima di ogni legge, di ogni sentenza, la giustizia deve mettere al centro l’umanità, l’essere umano e la sua dignità. Ecco che il romanzo diventa un’interessante riflessione sulla giustizia italiana, sulle condizioni disumane in cui si vive nelle carceri italiane, sulla dignità che viene (o forse, sarebbe il caso di dire, non viene) concessa a chi vive in un carcere, ovvero, il non rispetto delle regole di reclusione da parte dello stato che, invece, dovrebbe, dare l’esempio.
Dunque, il giudice, alla fine di questo viaggio nei secoli si ritrova completamente trasformato, sicuramente deluso da una giustizia che ha dimenticato l’uomo. E a contribuire a questo cambiamento anche la conoscenza, rappresentata da tutte le letture compiute nei secoli, oltre che l’incontro con illustri personaggi della storia. Ed è proprio questo il vero obiettivo del libro che nasce, infatti, come risposta, in chiave letteraria, ad una domanda che al docente/autore viene costantemente posta dai suoi alunni, ovvero: “A cosa serve la cultura?”. La cultura rappresenta l’unica arma possibile alla barbarie, l’unica chiave “per guardarci dentro, fotografarci l’anima” e renderci persone migliori.

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