Fancity Acireale

Carla Oliva: riflessioni sulla manifestazione di ieri.

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È che non finivano mai.
E sentivo la gente sbuffare, aggrottare le sopracciglia e stare a braccia conserte, ma quei nomi, no, non c’era modo di smettere. Non finivano proprio più! Nome e cognome, chi ha commesso il misfatto, ogni tanto c’erano bambini citati accanto. E le mani insanguinate ogni tanto si ergevano con lentezza, forse un po’ timorose, perché queste cose ci fanno paura. È vero che ci fanno paura?
Troppi, troppi nomi; che a sentirli ti viene il groppo alla gola e tremano le ginocchia, e un po’ ti spaventi perché se fossi stata tu? Se fossi stata tu, con le labbra spaccate e il volto gonfio, con l’anima spezzata? Se ci fossi stata tu su quella carta, un paio di lettere e una data, schiacciata inesorabilmente da un grigio capriccio?
Dopo i nomi c’è stato quel silenzio assordante che puoi sentire solo nelle grotte o quando muore qualcuno, e si avvertiva l’angoscia di chi ha smesso di conviverci, con quello che succede, e ora vuole cambiare. Si avvertiva anche il respiro accorato di chi, in fondo, a queste cose prima non aveva pensato, passava di qua per caso e c’era tanta gente coi guanti rossi addosso, quindi vediamo che succede?
E si avvertiva anche l’eco delle pugnalate, gli schiaffi, gli insulti amari della codardia.
Da qualche parte ho imparato che l’uomo è ragione; me l’hanno detto con fiducia e speranza, quelli che nel futuro ci credono tanto e continuano a meravigliarsi della vita. Ma se questa è ragione, e se la massima espressione della natura in noi è pura violenza, abbassiamo la testa e arrendiamoci.
Se questo è l’uomo, che distrugge la vita e per cui il sangue si colora di nero e ci macchia le pagine di storia, se siamo davvero nati per assistere solo all’uccisione…!
Che si scuota la testa e si battano i piedi; che si parli, si parli fino allo sfinimento e si urli nelle piazze, con le mani dipinte di rosso e il cuore arrabbiato per chi ha perso i propri battiti, di cui non resta altro che un nome sterile, abbandonato al ricordo triste di un male che non se ne va.
Perché non se ne va?