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Che speranze costruiamo in città? L’inclusione ed il welfare locale.

Con l’approvazione del bilancio preventivo 2019-2021, per la prima volta, viene reso esigibile il DIRITTO dei nostri bambini e ragazzi con disabilità ad essere aiutati a scuola dagli assistenti all’autonomia ed alla comunicazione.

E’ certamente una vittoria per la città. Ha radici nell’impegno dei genitori che hanno raggiunto livelli di consapevolezza e di competenza sempre maggiori, genitori che sono in grado di conoscere le normative di riferimento e di non farsi trovare impreparati su nessun tavolo.

Il legislatore introducendo il diritto all’assistenza a scuola dei nostri figli, nell’assegnarne le competenze al Comune, non ha purtroppo previsto delle sanzioni a carico di quegli amministratori che non lo rispettano.

Altrimenti non ci sarebbero oggi tanti comuni che non adempiono ai loro doveri, ed in città avremmo avute sanzionate tutte le amministrazioni che si sono succedute negli anni, dal momento dell’entrata in vigore della Legge 5 febbraio 1992 n. 104, fino a ieri.

Com’è abbastanza intuibile, la politica non è certamente venuta a cercare i genitori per informarli dei loro diritti e per sollecitare le pratiche per la richiesta di assistenza all’autonomia e comunicazione, e se oggi abbiamo reso un diritto dei nostri figli finalmente esigibile, lo dobbiamo principalmente al nostro impegno, alle nostre rimostranze, alla nostra azione di sensibilizzazione.

Che ha incontrato la ricettività e il “sentire” di alcune persone che ci hanno creduto più di altri e a cui va senz’altro riconosciuto di aver agito con senso di giustizia, fattivamente e in silenzio, senza chiedere pubblicità né standing ovation. Senza stucchevoli tentativi di mettersi stellette al petto, che non servono perché vanno semplicemente nella direzione sbagliata. Quella dell’autoreferenzialità che, specie su questi temi, non porta da nessuna parte.

Naturalmente se questo era l’impegno di base, dar spazio ai diritti, occorre adesso valutare quanto si farà in termini di integrazione.

La tanto sbandierata inclusione deve trovare spazio nuovo in città. Non pensandola più esclusivamente in termini di ulteriori prestazioni da erogare, ma legando la protezione delle persone più fragili a progressivi investimenti sul legame sociale fatto di radici, di significati, di emozioni comuni. E’ un compito più difficile, su un terreno più arduo. Ma è necessario partire presto.

Noi, in città, che speranze costruiamo? E’ questa la domanda che chi amministra il nostro welfare locale deve porsi. E’ questo l’orizzonte dentro il quale possiamo costruire percorsi di senso. Oppure perderci nei soliti discorsi di riduzione dei trasferimenti, di mancanza di soldi, di necessità di aumentare l’efficienza di interventi scarsamente integrati tra loro, di abbiamo fatto questo e poi quest’altro e quest’altro ancora, ecc.

A volte non si erogano solo servizi o prestazioni. Ma si sostiene ed accompagna la progettazione di gruppi anche assai diversi, mettendo a disposizione la macchina che governa la città, i beni disponibili, le competenze migliori su cui si può contare. E si cominciano percorsi insieme. Il welfare cittadino si regge solo se “sta dentro relazioni vive”.

C’è da recuperare tempo perduto e occasioni mancate.  C’è da rimediare a qualche figuraccia. Ma c’è sopratutto la necessità di cambiare rotta proprio a partire dalla scelta di rendere esigibile il diritto dei bambini più fragili ad essere aiutati a scuola.

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