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Diminuisce drasticamente il lavoro nel mondo di Enzo Coniglio

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Guy Ryder, Direttore Generale della Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), Agenzia delle Nazioni Unite (ONU), commentando i risultati del World Employment and Social Outlook – Trends 2016, ha lanciato un allarme : “Si riduce sempre di più la possibilità di trovare un lavoro dignitoso e con un salario sufficiente per arrivare a fine mese. Molte persone sono costrette ad accettare lavori con basse retribuzioni, sebbene si sia ridotta la disoccupazione in alcuni Paesi occidentali e negli Stati Uniti”… Dobbiamo prendere provvedimenti urgenti per rilanciare le opportunità di lavoro se non vogliamo assistere ad una intensificazione delle tensioni sociali”

Nel 2015, i disoccupati erano stimati in 197 milioni di persone e il loro numero è destinato ad aumentare nel 2016 di 2,3 milioni  e nel 2017, di 1,1 milioni. Dall’inizio della crisi, i disoccupati sono aumentati di 27 milioni.

Quanto all’Europa, precisa il rapporto dell’ILO, si evidenzia come la metà dei disoccupati è a rischio povertà. Alcuni Paesi, tra cui l’Italia, hanno pensato di facilitare la riduzione della disoccupazione introducendo misure che facilitino l’uscita dal mercato del lavoro (art.18) o concedendo delle facilitazioni fiscali a chi assume. Si tratta comunque di misure lenitive parziali e provvisorie e non tali da risolvere il grave problema della disoccupazione e il rischio di povertà in rapporto al quadro globale.

Il problema purtroppo è anche strutturale e va affrontato in maniera organica e articolata, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione a livello di strategie nazionali ed internazionali, sapendo – per quanto riguarda l’Europa – che soltanto il 65% degli scambi sono interni all’Unione; il rimanente 35% si rivolge ai Paesi emergenti e a Paesi in grave difficoltà di sviluppo o in conflitto, in cui la crisi peggiora visibilmente ogni giorno. In questo contesto, pensare di risolvere le crisi occupazionali locali senza profondi accordi di cooperazione internazionale di sostegno alla produzione, al commercio, ai servizi e in particolare all’accesso al credito finanziario, è una pura follia.

In questo contesto di crisi mondiale, lo strumento della emigrazione per sfuggire alla morsa della disoccupazione nel proprio Paese appare sempre meno efficace o presenta dei costi molto alti, soprattutto se si proviene da zone di conflitti irrisolti. Concretamente, non ci sono strumenti adeguati per ricollocare quasi 200 milioni di persone che vivono in condizioni precarie. Non dimentichiamo che allo stato attuale, siamo di fronte a 60 milioni di emigrati da assistere in tutto il mondo.

In una parola, la risoluzione del gravissimo problema occupazionale che rischia di travolgere le nostre Comunità e di peggiorare ulteriormente la qualità di vita, implica una rivisitazione e forse una rivoluzione del modello di sviluppo fin qui seguito, dei profondi cambiamenti sia in ambito scientifico e tecnologico che in quello della distribuzione della ricchezza come evidenziato dal rapporto Oxfam. Senza dimenticare la madre di tutti i mali: la finanziarizzazione dell’economia. Per non parlare della necessità di ristrutturare urgentemente il sistema delle borse, ridotte a roulette,   della abolizione dei Paradisi fiscali, della lotta alla evasione, alla corruzione e alle illegalità che drenano migliaia di miliardi di risorse  che potrebbero essere impiegate con profitto nei processi di produzione e di distribuzione.

A ben vedere, il problema di fondo della disoccupazione non va ricercato nella mancanza di liquidità che ce n’è fin troppa, ma in un sistema profondamente iniquo del sistema finanziario internazionale.

(Enzo Coniglio)