Il tumore non aspetta la pandemia e quando ci si ritrova ad aver vissuto sulla propria pelle il dramma di una malattia cosi grave, le preoccupazioni non tardano a farsi sentire, soprattutto quando a causa di questo momento così particolare dovuto alla nuova emergenza sanitaria, non si riesce in alcun modo a fare i controlli di routine, che sarebbero obbligatori per i pazienti oncologici.
Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne, un tumore maligno ogni tre (30%) è un tumore mammario. Nel 2016 il carcinoma mammario ha rappresentato la prima causa di morte per tumore nelle donne, con 12.600 decessi (fonte ISTAT). È un numero esorbitante.
Negli ultimi decenni, grazie allo screening per la diagnosi precoce del tumore, si è registrato si un costante aumento di frequenza di diagnosi ma accompagnato però da una riduzione della mortalità.
Ciò è stato possibile anche grazie alla sempre più ampia diffusione della diagnosi precoce che ha permesso di aumentare il numero di tumori identificati ai primi stadi di sviluppo della malattia, quando il trattamento ha maggiori probabilità di essere efficace e meno invasivo.
Lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età compresa tra i 40 e i 69 anni e, quando non sussistono problemi, si esegue una mammografia ogni 2 anni.
La mammografia è un esame radiologico della mammella, efficace per identificare precocemente i tumori del seno, in quanto consente di identificare quei noduli anche di piccolo dimensioni, non ancora percepibili al tatto. L’esame diventa completo anche con una ecografia mammaria, che diventa importante laddove non è possibile analizzare con il mammografo i tessuti ghiandolari del seno e del cavo ascellare, potendo così osservare al meglio noduli, cisti o altre formazioni anomale.
Gli studi che passano in rassegna tutte le ricerche sul cancro al seno, affermano ad oggi che la mortalità, delle donne che si sottopongono a screening periodico, si riduce del 25℅.
Per ogni 1.000 donne di età tra i 40 e i 69 anni sottoposte regolarmente ai programmi di screening e seguite fino a 79 anni di età, lo screening permette di salvare tra 7 e 9 vite.
Moltissime donne adesso non possono più fare lo screening a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia in corso, gli ospedali infatti non sono più in grado di garantire i vari servizi e da Nord a Sud l’effetto Covid sta pesando fortemente sulla prevenzione dei tumori, soprattutto quello al seno e al colon retto, gli screening si sono ridotti del 70% e questo è gravissimo per la salute dei cittadini. Il rapporto dell’Osservatorio Nazionale Screening quantifica i ritardi accumulati nei primi cinque mesi di pandemia per la diagnosi dei tumori affermando che durante questo periodo cosi doloroso per tutti, sono stati effettuati oltre un milione di esami in meno per la prevenzione e questo dato è gravissimo perchè porterà certamente ad un aumento improvviso di pazienti oncologici.
Un grido di allarme che riguarda l’intera nazione e tantissime donne e uomini che vivono il dramma del cancro sulla propria pelle.
Un grido disperato che si è fatto sentire anche ad Acireale, grazie alle tantissime donne che si sono rivolte al Tribunale Per i Diritti Del Malato per denunciare le grandissime difficoltà con cui si scontrano per effettuare una mammografia. Perchè il cancro non si arresta con la pandemia anzi, con un ritardo diagnostico a volte anche di un solo mese, alcune neoplasie possono essere individuate in fase già avanzata e quindi avere meno probalità di guarigione.
Oggi nell’ospedale di Acireale, da quando è diventato Covid, come in tantissimi altri ospedali, è diventato impossibile poter eseguire in convenzione una mammografia.
Ed è chiaro che non tutte le donne, purtroppo, possono rivolgersi ai centri privati per eseguire l’esame, non tutte hanno la possibilità economica per poter effettuare screening di prevenzione. Noi donne, tutte, abbiamo paura perchè abbiamo il sacrosanto diritto di fare i controlli, abbiamo diritto a poterci curare, perchè non esiste solo il Covid, esistono malattie gravissime che possono portare anche in pochissimo tempo alla morte.
Da questa spiacevole criticità in molti si sono riuniti lanciando un appello, ovvero la richiesta di fornire il presidio sanitario di via Martinez di un mammografo e attrezzarlo in modo che le mammografie possano essere eseguite nei tempi giusti e regolari.
Il Tribunale dei Diritti Del Malato di Acireale, nella persona del suo presidente Carmelo Musmeci, aveva già pertanto chiesto nell’immediatezza di spostare il mammografo dall’ospedale Santa Marta e Santa Venera presso i locali di via Martinez, con la speranza di poterne installare uno nuovo appena l’emergenza pandemia sarà finita.
Un’ accorata richiesta a cui è seguita anche una risposta i primi di gennaio dal direttore del reparto di scienze radiologiche dell’ospedale di Acireale, nella quale veniva assicurato che in breve tempo il mammografo sarebbe stato prontamente spostato e reso funzionante nei locali sopra descritti.
Il presidente del TDM Carmelo Musmeci e Luigi Puccione per Cittadinanza Attiva, nell’attesa lunghissima di questo mese trascorso ad effettuare gli interventi tecnici del caso, stanchi di aspettare, hanno eseguito un sopralluogo dal quale è emerso che le mammografie in via Martinez non si possono ancora eseguire poiché, nonostante il mammografo sia stato installato in un locale idoneo all’utilizzo ( in radiologia ), nonostante sia già presente il personale medico pronto ad eseguire gli esami diagnostici, nonostante sia fornito anche di postazione guida esterna al locale, il luogo destinato è sprovvisto di una sala visite e spogliatoio per le donne, problematica alquanto banale poiché facilmente risolvibile realizzando una parete divisoria in cartongesso ma altra cosa importante che manca è un’ interfaccia grafica per la lettura dei dati che colleghi il mammografo alla radiologia del presidio.
Il TdM e Cittadinanza Attiva dopo il sopralluogo, si sono subito attivati di conseguenza, scrivendo una lettera al Direttore Generale dell’Asp di Catania, Dott. Maurizio Lanza, al Direttore Sanitario, Dott. Antonino Rapisarda e al Direttore Amministrativo, Dott. Giuseppe Di Bella chiedendo di operare celerelmente, affinchè il tutto si possa risolvere nel più breve tempo possibile.
Questo periodo di attesa si è così rivelato una perdita di tempo, inutile ed inaccettabile, che non ha fatto altro che aggravare una situazione già abbastanza critica che coinvolge noi donne ledendo il diritto a curarci, a fare gli screening di prevenzione e, soprattutto, il diritto a continuare a vivere.
Da quando l’ospedale di Acireale è stato chiuso, esattamente da Ottobre, sono arrivate sempre molto velocemente le promesse e le tantissime parole buttate al vento, mentre per il diritto alla salute e tutti i servizi che la riguardano il tempo si è fermato. Garantire il diritto alle cure, garantire lo screening per la diagnosi precoce, significa garantire e tutelare la salute e la dignità di ogni cittadino.
Graziella Tomarchio.