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Il Piano dell’Assetto Idrogeologico ed i Ritardi della Gestione del Territorio di Santa Maria La Scala

A Santa Maria Ls Scala, da ieri sono comparsi dei nuovi cartelli di divieto in prossimità del “parcheggio” pubblico, cartelli che hanno destato lo stupore dei residenti.
Si tratta degli effetti pratici dell’ordinanza 7 dell’aprile 2019, con cui l’Assessorato regionale territorio e ambiente, decide di non subire più le inefficienze dei comuni nell’aggiornamento e nella gestione del territorio ed emana un provvedimento restrittivo, che blocca la fruizione dei tratti a rischio.


Il Comune di Acireale non ha mai aggiornato la carta del rischio di quell’area e , cosa ancora più grave, non ha mai presentato progetti di consolidamento, nonostante ci fossero decine di milioni di euro disponibili nel patto per il sud.
Quindi i solerti funzionari dell’ufficio ambiente della Regione, per evitare di essere chiamati in giudizio dalla Magistratura, nel caso di eventi tragici, come già accaduto nella Sicilia occidentale, hanno scelto di bloccare tutto, impedendo l’accesso alle aree a rischio.
In realtà dopo, la sospensione delle attività balneari conseguenti all’ordinanza, un privato gestore del Bora Bora il noto solarium di Santa Maria La Scala si è attivato con i propri tecnici, ed in poco tempo è riuscito a dimostrare che la propria area era sufficientemente sicura per poter essere esclusa dai limiti imposti dall’ordinanza.

A questo primo intervento, non unico nel suo genere, in cui un privato si sostituisce all’ente pubblico per regolamentare il territorio, l’ufficio regionale che si occupa del rischio idrogeologico, emette una proposta di modifica delle aree R4 del Pai, arretrando il limite alle aree a monte della via Tocco e svincolando il lungomare.

Ma a quella proposta di aggiornamento, non è seguito l’aggiornamento vero e proprio e pertanto le aree a rischio rimangono sostanzialmente invariate, il comune da parte sua, ha chiesto una consulenza all’Università Kore di Enna, per redigere uno studio sui lavori già eseguiti sul costone roccioso negli ultimi vent’anni e mai censiti nel PAI per inadempienze degli enti nell’aggiornamento dei dati.

Lo studio commissionato al Prof. Castelli, è stato consegnato recentemente e non sappiamo cosa contenga, in quanto come spesso accade, il Comune non pubblica e non condivide gli atti che commissiona, come fossero atti privati e non strumenti di partecipazione civile.

A seguito di questo studio, secondo quanto dichiarato dal Sindaco nel recente incontro tenutosi nella Parrocchia di Santa Maria La Scala per volontà del Comitato di tutela della frazione, dovrebbe seguire un incarico ad una ditta specializzata per l’esecuzione delle verifiche e delle manutenzioni sui lavori censiti nello studio, ma si tratta di tempistiche di medio periodo.

La particolarità dell’ordinanza n° 7, per la quale sono stati posti i cartelli ieri, è la sua emanazione da parte dell’ufficio ambiente della Regione che ha giurisdizione sul solo demanio marittimo e non su quello terrestre in cui operano altri enti.

Pertanto si giunge al paradosso burocratico, che a Scala si può arrivare dalla strada provinciale, si può abitare e circolare sul lungomare, ma non si può oltrepassare la ringhiera della via Molino, che per grandi linee segna il confine del demanio marittimo da quello terrestre, comprendendo metà del pennello a mare del Mulino stesso.

Quindi il “parcheggio”, che prima era occupato da un lido di cui gli enti sconoscevano l’esistenza e poi avrebbe dovuto accogliere l’unica bambinopoli comunale della frazione ( a Scala non c’è un’altalena) e poi doveva diventare un parcheggio comunale gestito da cooperative giovanili e regolamentato dal comune, oggi è un’area interdetta a tutto per applicazione di norme regionali a cui il Comune fa solo da spettatore.

Fabio D’Agata

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