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La crisi del commercio è una storia seria e maledettamente complicata

ACIREALE – Proviamo ad andare oltre le sterili barricate sul si o il no alla ztl e alle limitazioni del traffico privato, cerchiamo di comprendere i motivi che hanno fatto si che in tutta Italia, da nord a sud, tante piccole attività cittadine sono state costrette a chiudere i battenti.

Il dato sulle chiusure delle piccole attività è drammatico. Nel 2019 sono sparite quattordicimila attività commerciali con un decremento di oltre 1mld di euro e decine di migliaia di lavoratori e di piccoli imprenditori che hanno perso chi il lavoro e chi la propria attività. Tutto ciò è anche il prodotto di una sofferenza economica delle famiglie che hanno dovuto ridurre i consumi, mediamente, del 4,5%. Riduzione dei consumi dovuta alla crisi nei vari settori produttivi ed anche i consumatori che vivono a stipendio fisso hanno visto, dal 2008 ad oggi, ridurre il loro potere di acquisto. Stiamo partendo da troppo lontano? No, è assolutamente giusto cercare seriamente di comprendere perchè la crisi non si spazza via con un colpo di spugna o con una transenna in più o in meno.

Altro punto lo focalizza perfettamente la Confcommercio che in un report del 2019, tra le altre cose, afferma che la riduzione degli acquisti nelle piccole botteghe cittadine è anche dovuta “alla concorrenza di prezzo, degli acquisti nel web e negli outlet”. Affermando che l’impatto dei megastore e degli acquisti online sul commercio cittadino “è stato devastante”. Altro dato certamente doloroso è espresso dalla Confesercenti: “Ogni negozio che chiude crea almeno due disoccupati”.

Altro aspetto che aggrava la crisi del settore è quello relativo all’abusivismo. Un fenomeno che nella nostra città dilaga come in numerosi Comuni italiani. Le complicazioni burocratiche, la tassazione e un potente caos normativo hanno certamente accelerato e moltiplicato il dilagare dell’abusivismo. Una modalità di fare concorrenza che è certamente sleale e che danneggia le attività che rispettano le normative e pagano tutte le tasse.

Ancora un dato. 5 commercianti su 10 hanno dichiarato una diminuizione delle vendite, 3 dichiarano di avere avuto una vendita invariata rispetto all’anno precedente e solo 2 su 10 hanno visto incremenare il loro fatturato. E’ un dato che vale per tutti le diverse merceologie di vendita compreso il settore alimentare. E’ saltata la rete di vendita tradizionale che per tanti decenni ha dato identità alle Città rendendo maggiormente attrattive le aree urbane e i mercati all’aperto.

Questo scenario apocalittico va a sommarsi ad una fiscalità abnorme che strangola i piccoli imprenditori e che, di fatto, produce lavoro malpagato ed enormi difficoltà a rispettare tutte le scadenze fiscali.

Che fare? Le soluzioni esistono e devono essere messe in campo prima possibile. Tutte le associazioni di categorie concordano sui punti qui elencati: Riduzione delle imposte locali, affitti concordati con i proprietari degli immobili connessi con la redditività dell’esercizio commerciale, sostegno alle agenzie di marketing territoriale, il favorire le aggregazioni di area intercomunale, incrementare modelli di sviluppo delle attività attraverso il connubio tra negozio fisico e virtuale, ed ancora favorire la pedonalizzazione del centro storico con il potenziamento del trasporto pubblico, dei parcheggi di scambio e con la creazione di aree urbane per la socializzazione.

Ecco, oltre la semplificazione relativa a ztl si o no, la questione è seria e, ad oggi, non abbiamo visto nessuna pianificazione concreta che possa riuscire a resistere alla crisi, superarla e guardare con ottimismo gli anni a venire.

La politica è pianificazione del futuro, i burocrati sono altra cosa.

(mAd)

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