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La crisi, dopo lo scongelamento

Non c’è più. Si è risolta. Abbiamo trovato la quadra, la coesione di un gruppo che in più di un’occasione è apparso attraversato da forti tensioni in aula e fuori, tanto da dividersi.

E l’abbiamo trovata intorno ad obiettivi chiari e condivisi. Che abbiamo esposto con la dovuta perizia, facendo un lungo punto su quanto fatto e su quanto faremo, prendendo le dovute distanze da chi ci ha preceduto ma in maniera politically correct. In modo tale che fosse chiaro a tutti che siamo stati più bravi, senza vantarcene eccessivamente.

E abbiamo parlato di entusiasmo, di fare le cose con entusiasmo, quasi ad ammettere che il peso dei problemi di una città ce lo aveva fatto perdere. Il peso legato anche alle condizioni finanziarie dell’ente territoriale, in gran parte dissestate (e condizionate da quelle regionali e statali notoriamente non al massimo splendore, specie in questi tempi di pandemia). Ma che diventa sempre più pressante se ci si sente da soli o non collaborati come ci si aspetterebbe.

Abbiamo parlato di finanziamenti a noi accordati, di nostri sforzi per garantire diritti. Abbiamo evidenziato una fermata da realizzare, persino a dismisura. Ponendola a misura di tutte le cose.

Ma non avendo lavorato sulla partecipazione e sulla coesione sociale della comunità, che entusiasmo vogliamo raccogliere?

Era stato chiesto, anche con grande fermezza, che per uscire dalla crisi occorreva la rotazione della burocrazia e l’azzeramento della squadra. Abbiamo solo cambiato qualche delega. Nessun problema. Ma se mi avessero tolto senza che vi fosse una mia personale richiesta in tal senso, senza alcuna spiegazione, così, quasi per una rotazione, un’area di cui mi ero preso carico con amore e attenzione, avrei ringraziato e salutato in meno di cinque minuti.

Dopo aver fatto una lunga comunicazione sullo stato dell’arte, abbiamo relegato il sociale alla fine. Due frasi appena, senza alcuno sforzo di visione. Tipico per le nostre attuali possibilità. Nessun accenno ad eventuali processi di de-istituzionalizzazione, di supporto alle domiciliarità sostenendo le famiglie, di futura creazione di inserimenti lavorativi: l’inclusione è fuori! Tranne quella del PON.

Fortunatamente, abbiamo anche qualche bella persona da poter spendere per arricchire la nostra squadra. E’ la scelta più giusta che io abbia potuto osservare sin qui.

Con la speranza che l’esperienza della prima parte della gestione amministrativa, possa portarci a considerare le nostre scelte anche alla luce delle sollecitazioni e delle ragioni di tutti. Abbiamo pensato al referendum consultivo?

Un augurio sincero di buon lavoro

Nello Pomona

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