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La cultura dello Stigma

Nel 1989 un caso di cronaca di cui si occuparono tutti i mezzi di informazione ed a cui il grande giornalista Enzo Biagi dedicò un’attenzione di grande umanità e spessore, scosse le coscienze d’Italia.

Un giovane insegnante siciliano che lavorava al Nord, accompagnò la figlia (una bambina) al P.S. per perdite di sangue: violenza sessuale da parte del padre. Fu questa l’accusa formulata a seguito della diagnosi medica. Così il nostro conterraneo, da stimato insegnante di matematica divenne un mostro in brevissimo tempo.

I vicini lo spiavano, per strada i fotografi lo aspettavano giorno e notte. Solo qualche settimana dopo, “la Repubblica e l’Unità, dopo un lungo colloquio con il professore, finalmente scardinano i luoghi comuni, le accuse ingiuste, i resoconti immaginari. Lo stesso farà alla televisione, con grandissima eco, Enzo Biagi”.

L’accusa cade, ma la bambina morirà poco tempo dopo di tumore (che nel frattempo era stato diagnosticato a Catania).

Per chi vuole approfondire, qui un punto di partenza: https://richardalangardner.wordpress.com/2017/05/12/accusato-di-violenza-sulla-figlia-ma-invece-era-un-tumore-repubblica-1989/

Facciamo un salto negli States

Un uomo, Raymond Towler, dopo aver trascorso 29 anni in prigione a seguito di condanna all’ergastolo per stupro, viene rimesso in libertà perché riconosciuto non colpevole dopo essere stato sottoposto al Test del DNA.

Guardatelo il video. Guardate la faccia dell’imputato, notate la voce roca del Giudice e le lacrime degli avvocati. Qui: https://www.youtube.com/watch?v=Qr7Y02TnseQ

Veniamo a noi.

Poniamo il caso che veniamo arrestati e condannati. Che scontiamo la pena e che cerchiamo di ricostruirci una vita. Ne abbiamo il pieno diritto. Ma il passato sembra tornare sempre, senza via di scampo. Lo status di detenuto, esattamente come quello di imputato o indagato, o anche semplicemente arrestato, può rimanere impresso nell’identità sociale come un marchio difficilmente occultabile. Segni visibili e non pronti a ricordare ogni singolo sbaglio del proprio passato, anche quelli che oramai da anni ci si è lasciati alle spalle.

Il problema è quando questi segni rimangono impressi in chi, temporaneamente, rappresenta le istituzioni. In questi casi sei veramente impotente. Puoi non aver commesso il fatto, puoi essere stato condannato e stare pagando il conto con la giustizia o averlo già pagato, può persino il fatto non sussistere. Come ti senti quando il sindaco in aula sottolinea di aver trovato il suo predecessore e del personale arrestati e sei tu uno di quelli e stai cercando di provare la tua innocenza?

Lasciamo che la giustizia faccia il suo corso e attendiamo fiduciosi. Tutto il resto si qualifica da sé. Specie se arriva da chi dovrebbe tendere all’inclusione, che assume qui il sapore di un atteggiamento di comodo. Che tende ad uniformare e non ad unire. Come sembra essere avvenuto anche nel piccolo gruppo di consiglieri e/o assessori, coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Nello Pomona

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