martedì, Marzo 19, 2024
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La questione sulla titolarità dei beni della Santa Patrona

Egregio sig. Sindaco leggo con stupore nelle prime righe del suo articolo che l’amministrazione che Ella presiede sta cercando di chiarire con la Curia acese I dettagli sulla proprietà della cappella, fercolo, vara, tesoro ed altro riguardante santa Venera. Sono stupito perché in circa quattro secoli sono stati redatti centinaia di documenti, molti dei quali editi, in cui si chiarisce in maniera inequivocabile il chi ed il cosa. Già agli albori dell’istituzione della festa ad Acireale e con i diverbi creatosi gli amministratori del tempo scrivevano chiaramente che tutto quello che era all’interno della chiesa dell’Annunziata, riguardante santa Venera, era di proprietà della città e se i diverbi sarebbero proseguiti gli stessi amministratori avrebbero preso tutto ciò che vi era nellallora altare e lo avrebbero collocato in una nuova chiesa fatta costruire per lo scopo. Sono moltissimi i documenti che attestano che a fare le spese è stata la città con denaro suo, documenti editi da molti autori non ultimo il pregevole lavoro a cui ha preso parte il maestro Alessandro Maria Trovato nostro concittadino ma realizzato dall’università di Palermo. Note sono le volontà del mecenate romano Trojlo Saglimbeni di devolvere tutto il suo patrimonio per la realizzazione di una cappella a santa Venera, realizzazione che doveva essere curata da una deputazione eletta dalla città e di cui si chiariva che l’allora Curia di Catania da cui dipendeva Acireale non doveva intromettersi. La cappella nasce quindi con denaro privato su terreno ritagliato alla grande piazza della città in cui si effettuava o le riviste militari della sergenteria acese. Le stesse candelora furono realizzate dalle corporazioni di artigiani e commercianti previa volontà espressa nei consigli civici già dalla fine del settecento. Cos’è che non è chiaro? La parte più copiosa del “corredo” che serve per i solenni festeggiamenti di santa Venera è stato realizzato dalla città con denaro preso dalle tasse pagate dai cittadini. La cappella con denaro di un privato ma le cui volontà erano chiarissime. Già il Raciti Romeo in una nota di risposta comunale degli anni trenta chiarisce ancora più nei dettagli. Il tutto è e deve restare patrimonio, aggiungo io indisponibile, della città, un po’ quello che accade a Napoli e in solo. Contattate gli studiosi, da Trovato a Bella a tanti altri sebbene come già espresso molti dei documenti chiarificatoria sono già stati resi noti o messi a disposizione degli interessati.Aurelio Grasso

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