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La Regione in Emergenza Permanente Effettiva

Emergenza : “a. Circostanza imprevista, accidente . b. Sull’esempio dell’ingl. emergency, particolare condizione di cose, momento critico, che richiede un intervento immediato” .

Questo è quello che si legge consultando la parola emergenza su un dizionario qualificato, eppure questa parola dai contenuti spesso drammatici, è entrata di fatto nel nostro ordinario quotidiano.

In Sicilia, in particolare, si salta da un’emergenza all’altra senza mai fermarsi a riflettere sul senso profondo di un termine, che ha dirette ripercussioni economiche sul bilancio regionale e statale e che è stato utilizzato da generazioni di politici per fare dell’ordinario, qualcosa di assolutamente imprevisto, talvolta forzando anche il senso logico delle cose.

Abbiamo appena archiviato una pesantissima stagione estiva che ci ha visto coinvolti nella più spaventosa “emergenza incendi” degli ultimi anni, con decine di roghi devastanti, quasi del tutto dolosi, che hanno attaccato, ed in parte distrutto, alcune delle aree naturalistiche più importanti della nostra regione. Eppure gli incendi in Sicilia ci sono da sempre, mentre la strategia per contrastarli è stata sistematicamente depotenziata nel corso degli anni, lasciando però un’impronta economica sempre più rilevante nel bilancio regionale.

Se gli incendi dolosi avvenissero presso depositi privati o aree urbane delle nostre città, invece che nei boschi, probabilmente sarebbero attivati gli organi di Polizia Giudiziaria e le Procure, partirebbero indagini serrate, si ascolterebbero testimoni e ci cercherebbero collaboratori di giustizia disposti a dare un contributo alle indagini e, probabilmente, si giungerebbe ad identificare una sorta di “strategia della tensione”, se non un vero e proprio attacco allo Stato democratico ed all’ordine pubblico, fattori che in passato hanno sempre generato reazioni efficaci di contrasto, come per il terrorismo, la mafia, ecc.

Invece gli incendi avvengono nei boschi e per di più in periodo feriale per la maggior parte degli uffici Giudiziari di questo paese ed i risultati non vanno oltre l’arresto di qualche “pastorello disadattato” e prontamente rilasciato qualche giorno dopo, non senza la naturale eco mediatica, sul grande arresto che risolve il caso.

Molti anni fa, quando l’emergenza non era ancora un business lucroso e istituzionalizzato, la Provincia Regionale di Catania provò a fare qualcosa che nessuno aveva mai fatto nella lotta agli incendi boschivi.

Noleggiò dei piccoli elicotteri biposto e successivamente degli aerei da turismo, e li inviò quotidianamente sulle aree boscate di propria pertinenza, dal parco dell’Etna, ai boschi di Caltagirone, all’oasi del Simeto, per l’avvistamento dei primi focolari d’incendio, da segnalare a pattuglie di polizia provinciale e forestali che si muovevano sul territorio.

Il Presidente della provincia di allora si chiamava Nello Musumeci, lo stesso che oggi governa la nostra Regione e le campagne antincendio cominciarono a dare risultati eccezionali, dall’alto era facilissimo avvistare i primi focolai d’incendio e richiedere i mezzi per lo spegnimento di un piccolo incendio, ben prima che si propagasse e richiedesse l’utilizzo dei canadair.

Inoltre con i piccoli elicotteri si potevano avvistare eventuali auto sospette, allontanarsi dalle zone incendiate e dirigere le pattuglie di terra a verificare la presenza di eventuali piromani, si trattava comunque di un deterrente che associato agli aerei ed al controllo di terra, limitò fortemente “l’emergenza” incendi, o almeno la ridimensionò.

Ne ho una discreta conoscenza in quanto, a quel tempo, uno dei piloti degli elicotteri ero proprio io, e ricordo centinaia d’interventi di contrasto anche insieme agli attuali dirigenti della forestale, che allora spesso salivano con noi per controllare direttamente l’attività.

Quel sistema però aveva una grave difetto, costava molto poco.

Fu rapidamente sostituito da importanti programmi d’investimento a livello regionale, per la realizzazione di reti di telecamere di monitoraggio, di cui ignoro l’attuale funzionalità, nonché di sistemi di avvistamento con torrette ed operai sparsi per tutta la Sicilia. gli stessi che oggi è possibile osservare in quasi tutte le aree boscate, in cui il fuoco talvolta brucia la stessa torretta d’avvistamento.

Poi vennero le grandi gare di spegnimento, quelle con i ribassi prossimi allo zero e con le ditte spesso collegate tra loro, talvolta pizzicate da inchieste della Magistratura, ma di cui non si riesce necessariamente a fare a meno, nonostante esista un corpo della forestale regionale privo di mezzi aerei ed un corpo nazionale dei vigili del Fuoco che non è mai stato dotato di mezzi aerei di spegnimento, gli elicotteri in dotazione non bastano e non sono adatti allo spegnimento.

Ma le emergenze in Sicilia non sono solo gli incendi.

Abbiamo quella dei rifiuti, tenuta nascosta per arrivare alla fine della stagione turistica, che si presenterà a breve in tutto il suo clamore, con tutte le discariche esaurite e quella di Palermo appena rifinanziata con soli 24 milioni di euro per scavare un altro buco, che darà alla città di Palermo qualche mese di respiro, mentre le altre, tutte rigorosamente private, alternano sequestri e amministrazioni giudiziarie a improbabili ricorsi al Tar per continuare a far esistere ciò che non avrebbe mai dovuto nascere.

Ultima ed a breve attuale, sarà “l’emergenza idrogeologica” che interesserà le prime pagine dei quotidiani, additando alla “montagna assassina” o alla “bomba d’acqua” le conseguenze del combinato disposto da una manutenzione assente dei corsi d’acqua ed un’edificazione priva di qualunque corrispondenza geologica, che hanno trasformato il nostro territorio in un campo minato.

Ce ne sarebbero molte altre di “emergenze”, alcune parzialmente impreviste come le pandemie che si verificano ciclicamente nel breve periodo, l’ultima è di un centinaio di anni fa, all’immancabile cenere che da sempre si presenta sui territori pedemontani dell’Etna, un po’come la neve in Trentino, ma per la quale non esistono piani specifici di raccolta e riutilizzo, affidandosi sempre alla parola magica, che anteposta ad ogni fenomeno ordinario, lo trasforma in oro, molti secoli dopo il Re Mida.

Fabio D’Agata

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