La rimodulazione dei progetti e la fatica a crescere dei più fragili. Che senso ha fare il PEI se poi non lo si rispetta?

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La scuola è senz’altro un luogo che fa riferimento ad un periodo della vita molto significativo per la crescita e l’inclusione di tutti i ragazzi, specialmente di quelli speciali, a tal punto che la classe, i docenti e gli assistenti all’autonomia ed alla comunicazione (asacom) vengono generalmente coinvolti non solo per affrontare le eventuali criticità che si dovessero presentare ma anche e soprattutto perché è attraverso loro che può essere favorito un proficuo processo di inclusione e integrazione partendo dall’idea fondamentale dell’accettazione delle diversità viste come fonte di arricchimento reciproco.

Tra gli strumenti che la scuola utilizza per raggiungere queste finalità, il Progetto Educativo Individualizzato (PEI) è senz’altro uno dei più significativi. Il PEI è un documento nel quale vengono descritti gli interventi e i percorsi integrati alla programmazione di classe in coerenza con gli orientamenti e le attività extrascolastiche di carattere riabilitativo e socio– educativo dell’alunno disabile.

Molto più semplicemente, è un progetto globale di vita dell’alunno per un determinato periodo, che può essere ovviamente riveduto in qualsiasi momento, ed è firmato dal Dirigente scolastico o suo delegato, dal docente di sostegno, dalla neuropsichiatria infantile territorialmente competente, dal servizio responsabile dell’integrazione del comune di residenza (nel nostro caso dovrebbe essere a cura dell’assessorato alle politiche scolastiche) e dai genitori.

Indica la proposta relativa alle risorse necessarie per la sua piena realizzazione: n. di ore di sostegno, anche aggiuntive, n. di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione, n. e tipologia di ausili e sussidi didattici, modalità di fruizione del servizio di assistenza igienico-personale, etc.

Proprio da quest’ultimo servizio vorremmo partire per sottolineare che fino a qualche tempo fa il servizio in città veniva svolto con amore ed in maniera impeccabile da un gruppo collaudato di operatrici che hanno rappresentato per i genitori un sicuro riferimento.

La complessità dell’assistenza igienico sanitaria agli alunni disabili siciliani però è legata al fatto che dovrebbe passare come servizio, a dicembre, ai collaboratori scolastici, con tutto quello che comporta in termini di formazione del personale, di disponibilità al nuovo servizio richiesto, di presenza del personale in quantità sufficiente, ed altro ancora. Oltre, ovviamente, al fatto che così non può rappresentare una soluzione adeguata per le famiglie che hanno protestato con una recente manifestazione pubblica.

E’ una carenza pesante per l’inserimento scolastico dei ragazzi con gravi disabilità e, con una ipersoluzione mirabolante, sembrerebbe che venne proposto, a suo tempo e per farvi fronte, alle famiglie di utilizzare il personale fornito loro per i “patti di servizio” (di competenza delle politiche sociali comunali) per effettuare il servizio di assistenza igienico sanitaria a scuola (di competenza delle politiche scolastiche, e, prossimamente della scuola). Ma prontamente, e correttamente, la proposta è stata stroncata sul nascere dalla professionalità dei servizi coinvolti.

Come dire chi vuole un servizio migliore a scuola … ci metta del suo. Non ci sono fondi per fare altro.

Lo stesso principio vige per la rimodulazione dei progetti di Assistenza all’autonomia ed alla comunicazione.

Apprendiamo che è stato posto il limite delle 18 ore settimanali di assistenza. Anche quando nel PEI, previa valutazione da parte dell’ASP competente attraverso il servizio di Neuropsichiatria infantile, vi fossero segnate un maggior numero di ore per raggiungere e mantenere le migliori capacità di autonomia dell’alunno con disabilità.

Una grave sconfitta per la collettività. Che senso ha fare il PEI se poi non lo si rispetta? Anziché andare avanti e riconoscere a tutti quanto spetta di diritto, si torna indietro. Si introduce un limite nel rispondere ai bisogni di autonomia e di comunicazione dell’alunno con disabilità attraverso attività di assistenza specialistica.

A rimetterci saranno i più “svantaggiati”, gli alunni e le loro famiglie, che hanno bisogno dell’assistenza per non vanificare gli enormi sforzi che quotidianamente sostengono.

Nello Pomona