…”Qui si salvano le Terme di Acireale e tu pensi all’altalena?”
Questo il senso di alcuni commenti che hanno seguito la pubblicazione sui media nazionali dello splendido servizio della giornalista Rai Eleonora Mastromarino, andato in onda lo scorso 22 settembre.
Per molti cittadini, acesi e non acesi, vedere quei luoghi sfregiati e distrutti ha rappresentato un autentico colpo al cuore, perchè le Terme per gli acesi, non sono solo un luogo fisico ma soprattutto un luogo emozionale, pieno di ricordi che travalicano intere generazioni ed hanno inciso profondamente, l’identità di questa città martoriata .
La bravissima giornalista lo ha capito subito ed ha inserito il riferimento filmico all’opera di Nanni Moretti, che girò alcune scene memorabili di “Palombella Rossa” proprio nella piscina delle Terme di Acireale, adesso abbandonata al suo destino di rovina da oltre 7 anni.
L’abitudine a considerare l’inchiesta e l’informazione una forma di “attentato” all’ordine delle cose, e’ una grave anomalia del potere italiano, che fonda la propria forza sulla disinformazione strutturata, sul disinteresse dei cittadini per i beni comuni e sulla disaffezione ai fatti, frutto di anni d’impunità che hanno assuefatto le comunità siciliane alla cultura del: “tanto non cambia niente”, con una traslazione semantica della parola “cambiamento” in “cambianenti”.
Ma noi crediamo, parafrasando Nanni Moretti”, che le parole siano importanti ed i fatti lo siano ancora di più.
Parlare di quello che non funziona intorno a noi, denunciarlo nelle forme più opportune, informare le persone che condividono con noi una comunità non è un fatto secondario, è l’anima profonda della Democrazia fin dalle sue prime formulazioni filosofiche.
Conoscere per deliberare, scriveva Einaudi nelle sue “Prediche inutili nel 1955, e la conoscenza dei fatti la ritroviamo in numerose espressioni a cui, spesso, non diamo la corretta importanza come il, “consenso informato” che firmiamo senza leggere.
Eppure gran parte delle problematiche che affliggono la città di Acireale e non solo, derivano dalla scarsa attenzione che i cittadini hanno prestato alla gestione dei beni comuni, dall’abbandono della Timpa che potrebbe diventare la prima risorsa turistica della città, alla devastazione delle Terme, che è avvenuta con la connivenza delle burocrazie regionali ed il disinteresse della politica locale, più interessata alle illusioni di un bando di privatizzazione che da 10 anni appassiona la scena, nell’ attesa di un misterioso investitore privato che venendo da lontano, si caricherebbe l’onere di recuperare, ciò che il pubblico ha distrutto.
Mi sono sempre chiesto per quale motivo la Regione siciliana non abbia mai installato un sistema di vigilanza a protezione del proprio patrimonio, lasciando devastare strutture ed impianti che, fino al 2014 fornivano servizi a tutti, e che oggi andrebbero ricostruite integralmente, eppure tra i compiti di un liquidatore aziendale c’è quello di preservare il patrimonio nell’interesse della proprietà e dei creditori, compito ampiamente disatteso e di cui nessuno rivendica la responsabilità.
Oggi che quel disinteresse per i beni comuni ci ritorna sotto forma di immagini degne di uno scenario bellico, ci chiediamo perché?
Perché una struttura chiusa per malagestio, debba anche essere distrutta? Perché nessuno, di coloro i quali si sono occupati di Terme, non ha mai pronunciato la parola responsabilità, nascondendosi dietro un misterioso privato, che come un Deux ex machina, risolverebbe dieci anni di devastazione?
Il bando a Sciacca lo hanno fatto ed è andato deserto due volte e lo sarà altre cento, perché nessuno investirebbe su un patrimonio devastato e con un contesto non redditizio.
La scelta del bando unico si rivelerà un fallimento, a fronte della possibilità di frazionare il patrimonio assegnandolo a piccole realtà pubblico/private ad alta produttività.
Solo il frazionamento produttivo delle singole realtà, potrà restituire a questa città i servizi che merita e che per “disattenzione”, le sono stati scippati.
Fabio D’Agata