Fancity Acireale

L’incolmabile vuoto, racconto di Carla Oliva

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L’incolmabile vuoto

Oggi è un altro giorno senza te.

La sveglia, quel vecchio aggeggio del 15/18 che ho dovuto riesumare dal fondo di un cassetto dimenticato, stamattina mi ha destata decisamente troppo presto; ho socchiuso gli occhi, ancora avvolta nelle coperte pesanti del letto, e mi sono sforzata di confondere nella mia mente quel drin insopportabile e fastidioso con il ricordo sbiadito e soave della tua voce al mattino, che a volte assumeva le note di Bach, e altre, quando si faceva più tardi e restavo incollata al materasso, suonava quasi come un mesto rimprovero.

Ho riaperto gli occhi a denti stretti, e il ricordo bruciante mi ha colpita davvero solo qualche istante più tardi, quando, voltandomi sul fianco destro, mi sono accorta che mancavi tu. Il mio sospiro pesante ha inondato la stanza, e la fatica di questi giorni ha guidato la mia giornata.

Oggi il tempo era grigio come i miei pensieri, come te, come me quando ci ho uccisi con le mie stesse mani.

A tutti ho detto che non fa nulla, che una cosa del genere prima o poi doveva capitare, che si cambia; ma come faccio a stare tutto questo tempo in compagnia della tua assenza? Come faccio se l’istinto è sempre quello di allungare le mani verso di te, tendere un orecchio per sentirti, guardarti per vedere il mio riflesso dentro di te, come faccio ad essere davvero sola?

Il pranzo è stato la parte più difficile.

«Dov’è lui?» mi ha chiesto Sara mentre masticava una patatina extra salata di McDonald’s, notando la mancanza più che evidente.

Ho abbassato lo sguardo e, rossa dalla vergogna, ho cominciato a balbettare, come facevo alle elementari quando non sapevo una lezione. In che modo avrei dovuto spiegarle quello che ti ho fatto? Dirle che sono un’idiota e che ti ho lasciato andare così, senza pensarci troppo? Dirle che “amore” è una parola facile, ma che io, all’atto pratico, non ho esitato più di qualche giorno prima di abbandonarti in maniera tanto crudele?

E io, credimi, lo so che se ci si ama ci si accetta; perché, sebbene io sia maldestra e ritardataria e irascibile, tu, che sei preciso, puntuale e paziente, mi accetti comunque. Mi sono ripetuta più e più volte che avrei dovuto fare lo stesso, accettare i tuoi difetti, prendermi cura di te e di noi; e invece ho preferito essere la solita insensibile e osservarti cadere rovinosamente per poi spezzarti.

Avresti dovuto farmelo capire, però. Perché io sono sbadata, e lo sai, magari non ci ho fatto caso, ma avresti dovuto dirmi che non ti piace che qualcuno provi a cambiarti.

Non volevo distruggerti, lo giuro. Io, che non ho smesso di essere ammaliata da te sin dal primo momento in cui ti ho visto, non avrei mai pensato che, attraverso la mia cura e le mie attenzioni, ti avrei ridotto così.

Dovevo capirlo prima, scusami! Avrei dovuto arrivarci da sola che la tua luce non poteva essere offuscata da stupide patine, che era inutile provare a nasconderti dietro maschere dai colori diversi, per proteggerti. Avrei dovuto capirlo, che sei forte e non hai bisogno di me per salvarti, che sei invincibile per natura.

Oggi è un altro giorno senza te e sento il formicolio alle mani perché non ti tocco da troppo, e mi sento vuota dentro perché questo silenzio così assordante non viene più colmato da niente di te.

Ho mal di testa.

Vago per casa senza una meta, senza uno scopo, e – lo sai? – da qualche giorno a questa parte ho scoperto che quel completamento che cercavo, alla fine, sei tu; che, a quell’insoddisfazione maledetta che credevo di avvertire e per cui ti ho respinto così violentemente, posso rispondere solo con il tuo nome.

Le tue fratture me le sento dentro.

In questi giorni ho imparato ad essere paziente, ma quando vedo in giro quelli come te, che hanno sempre quell’aria elegante e efficente, tiro la testa all’indietro e sospiro, quasi disperata, perché quanto ci vuole prima che tu ritorni?

Ricordi quella volta, qualche mese fa, quando cercavo nuova musica da ascoltare, e tu mi hai suggerito i Coldplay? Adesso sono il mio gruppo preferito. Ma come faccio ad ascoltarli se non ci sei tu?

So che a volte, testarda e impaziente come sono, riesco ad essere capace di farti male, che troppo spesso non ti do le attenzioni che meriti; so che sono stupida, che ho lasciato che tu scivolassi via dalle mie mani e ti frantumassi in mille pezzi.

E so anche che, se tornerai, non potrà mai essere uguale a prima perché tu sarai diverso, ma io, te lo prometto, sono risposta a ricominciare da capo.

Quelli della Apple hanno detto ci vogliono due/tre giorni per sostituire lo schermo.