La buona notizia della settimana appena passata è stata la fine del precariato al Comune di Acireale, sancita martedì scorso da una cerimonia al Palazzo di Città.
Una storia lunghissima quella dei precari, gli ex art. 23 della legge finanziaria nazionale n° 67/88. Una storia che i protagonisti, i circa 19.000 lavoratori siciliani a tempo determinato, contrattualizzati presso Enti locali, ASP e Camere di Commercio hanno vissuto con amarezza e rabbia. Dal 1996 nell’ambito di alcuni progetti di lavori socialmente utili, promossi dall’Assessorato regionale del Lavoro, della Previdenza, della Formazione Professionale e dell’Emigrazione, furono avviati nelle Pubbliche Amministrazioni, che si erano attivate per l’approvazione di progetti per i lavori socialmente utili che prevedevano l’utilizzazione di soggetti già impegnati in attività di utilità pubblica, a seguito di approvazione di graduatorie pubbliche da parte degli Uffici del Lavoro delle nove province siciliane. Da quel momento questi lavoratori instaurarono con le pubbliche amministrazioni un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato con un contratto di diritto privato e deliberazioni a carico di ciascun Ente. I dipendenti furono assegnati agli Enti pubblici in seguito all’ approvazione di apposite graduatorie pubbliche da parte della Commissione regionale per l’Impiego nel 1999.
Gli Enti pubblici interessati, ai sensi della legge regionale n. 85/95 e della legge 16/2006 (Norme Recanti Misure di Stabilizzazione), stipularono con i dipendenti regolare contratto individuale di lavoro subordinato a 24 ore settimanali. Gli Uffici provinciali del lavoro comunicarono ai dipendenti contrattualizzati e ai relativi enti pubblici, che si erano attivati per l’inserimento lavorativo dei soggetti appartenenti alle LL.RR. 85/95, 24/96 e 16/2006, la “decadenza dai lavori socialmente utili per l’avvenuta stipula del contratto di diritto privato rientrante tra le misure di fuoriuscita dal bacino L.S.U., come previsto dalla L.R. 24/2000”.
Passano gli anni e i precari, nel corso dell’anno 2007, presentarono istanza, (rimasta inevasa), presso i propri Enti pubblici utilizzatori, ai sensi della legge 27/12/2006 n. 296 e ss.mm.ii (legge finanziaria 2007), per ottenere l’assunzione a tempo indeterminato, secondo le modalità previste, e quindi essere inquadrati nella medesima categoria professionale oggetto dei contratti stipulati. Si succedono le proteste, le occupazioni, i pellegrinaggi nei Palazzi della Regione. Nel 2013 l’allora presidente Crocetta spostò il problema del precariato a Roma e i lavoratori furono agganciati al DL 101/2013 che dava diritto alla proroga triennale. Nonostante leggi nazionali e regionali avessero previsto misure di conversione dei rapporti di lavoro in essere, i precari anno dopo si rassegnano al pensiero che chi è preposto alla risoluzione del problema continuerà a disattendere le aspettative di chi da 30 anni presta servizio nella Pubblica Amministrazione.
La musica per i 269 precari del Comune di Acireale cambia a dicembre 2017.
L’allora sindaco Roberto Barbagallo, con il segretario generale Mario Trombetta, annuncia che la delibera di giunta 156 del 7/12/2017 dà concretamente avvio alla procedura per la stabilizzazione, come previsto dal decreto Madia, (Dlgs 75/2017).Quattordici precari sarebbero stati stabilizzati, contemporaneamente per tutti i lavoratori a tempo determinato viene avviata la procedura di ricognizione, atto propedeutico alla predisposizione del piano assunzioni 2018/2020, ai sensi delle norme regionali e nazionali.
La storia finalmente va avanti come promesso e come previsto. I 269 precari del Comune di Acireale vengono man mano stabilizzati da dicembre 2018: le prime 14 unità a seguito di un concorso, subito dopo altre 80 unità di cat. A e B. L’atto finale per 175 lavoratori, (163 unità di cat. C e 12 unità di cat. B, rimaste in sospeso a dicembre per via dei provvedimenti disciplinari), è scritto nella delibera 128 del 21/06/2019 siglata dall’amministrazione Alì. I dipendenti continueranno a lavorare al Comune di Acireale, ciascuno con il medesimo impegno, ma di certo con la dovuta serenità che ogni lavoratore dovrebbe avere di diritto.
Ma come ogni medaglia ha il suo rovescio, anche questa storia nasconde una faccia che sa di paradosso. Col contratto a tempo determinato diverse unità usufruivano dell’integrazione oraria a 30/33 ore. L’integrazione, in base alle esigenze dei Settori, veniva rinnovata annualmente in concomitanza con la scadenza del contratto, ma adesso non è possibile prevedere un’integrazione temporanea. Tutti gli ex precari hanno un contratto a 24 ore e la delibera 128 revoca qualunque integrazione. A conti fatti sembra molto difficile che possa essere assicurato il pieno servizio negli asili nido, altrettanto che l’orario di servizio possa bastare a coprire le esigenze del corpo di polizia municipale. Le somme per l’integrazione erano previste in bilancio fino a dicembre, ma ad oggi l’unica soluzione sembrerebbe essere una modifica contrattuale, ben calibrata, tuttavia, da un punto di vista finanziario. Tocca ora al primo cittadino, individuare quali siano i settori con maggiori criticità e prendere i necessari provvedimenti per garantire i servizi ai cittadini e la piena funzionalità dell’Ente.
L.C.