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Mbaba Ndiaye: storia di un’ingiustizia annunciata. Parliamo, parliamo, ma come si combatte il razzismo con arbitri come Milone?

«Parole, parole, parole, soltanto parole…»

Era il 1972 quando la fantastica Mina pubblicava il celebre brano “Parole parole”. Soltanto parole, semplici da scandire, difficili da convertire in fatti concreti. Già perchè è ormai ben nota la vicenda che – purtroppo – lega razzismo e calcio, in un binomio che nulla ha a che vedere con lo sport, ma soprattutto nulla avrebbe a che vedere con il livello culturale che l’umanità avrebbe dovuto raggiungere nel 2019. E allora il problema è uno solo: se, quasi nel 2020, intimorisci l’avversario con epiteti razzisti, non è lui ad essere nero, ma te che sei idiota. Di domenica in domenica si susseguono spiacevoli episodi che vedono coivolti ragazzi di colore, presi di mira da epiteti o – nel peggiore dei casi – ululati razzisti. Il primo fu Marco Andrè Zoro, calciatore ivoriano del Messina nei primi anni ’00, che in un Messina-Inter del 2005 prese il pallone in mano minacciando di abbandonare il terreno di gioco perchè preso di mira da cori a sfondo razzista. Tra i casi celebri quello di Roberto Carlos quando, da calciatore dell’Anzhi (società russa), un tifoso avversario gli lanciò una banana in campo. Poi Boateng e non ultimo il caso di Verona che ha visto coinvolto Mario Balotelli. Casi celebri, certo. Con una risonanza mediatica diversa, ovvio. Allora veniamo a noi, alle nostre realtà, quelle dilettantistiche e dei campi minori dove la risonanza mediatica è pari a zero.

Il caso è ormai noto a tutti noi del territorio, è quello del classe ’00 Mbaba Ndiaye. Nel corso di Acireale-Licata dello scorso turno di serie D, dopo aver subito 45′ di insulti a sfondo razziale, non regge più e sbrocca. Richiama più volte l’attenzione dell’arbitro (di cui parleremo tra un attimo), lo fa anche la panchina. Ma niente. Anzi, oltre il danno anche la beffa. A palla lontana riceve una gomitata in pieno volto: sarà ammonito per proteste, poi nell’intervallo sarà pure espulso per eccesso di rabbia. Sono anni che si discute su come fermare il fenomeno, contraccettivi che vanno dal richiamo verbale fino alla sospensione effettiva della gara. Il tutto con l’arbitro con il pieno controllo decisionale in merito. Insomma, è lui a dover tutelare. Quindi mi chiedo: come si combatte il razzismo, se chi deve tutelare è il primo a favorirlo? Come si combatte il razzismo, se a doverlo tutelare sono arbitri incapaci e presuntiosi come il sig. Milone di Taurianova? Ma se nel corso del match oltre il danno era giunta la beffa per Ndiaye, nella giorrnata di ieri alla beffa si è aggiunta anche la clamorosa sentenza del giudice sportivo: sei giornate di squalifica. Sei giornate di squalifica per aver commesso il grave reato di aver rivendicato tutela a chi ne aveva potere. E allora benvenuti nel paese dei balocchi, dove le parole sommergono i fatti e dove l’omertà asfalta la razionalità. Basti pensare a Salvatore Maltese – difensore licatese – che, invece di prendere coscienza, non perde tempo a parlare di «nervosismo causato da una brutta prestazione, nessun insulto». Come a dire che gli altri sono pure scemi e chi ha sentito scanditamente epiteti come “nero di merda” o “sporco negro” avrà confuso. E chissà, magari al giovane Mbaba sarà partita la vena per qualche pallone di troppo perso. Come no.

Come si combatte allora il razzismo? Il razzismo è una piaga sociale, che nell’ormai imminente 2020 non può e non deve più essere tollerata. Se chi viene dall’estero rimane scioccato dall’ondata razziale ancora presente nel nostro paese, un motivo ci sarà. Non più solo parole, parole, parole, soltanto parole, ma fatti, fatti, fatti, soltanto fatti. Se chi deve tutelare non tutela, allora fermatevi tutti. Tutelate voi i vostri compagni. Parlo coi calciatori, con capitan Savanarola e mister Pagana e con tutti i capitani e i tecnici: fermatele voi le gare. Fermatevi, auto tutelatevi e proteggete chi non viene protetto da terne arbitrali incapaci e senza personalità. E chissà, sarebbe bello se un giorno agli arbitri venisse permesso di parlare a fine gara davanti ai microfoni. Così come un allenatore spiega l’andamento della gara e le proprie scelte, un direttore di gara spiegherebbe le proprie scelte commentandone gli episodi. Al sig. Milone chiederei: perchè non è intervenuto? Si può sbagliare valutazione sul singolo episodio di gioco, ma non episodi macroscopici che vanno al di là delle regole del calcio. Sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico ed il referto di fine gara che ha portato alla squalifica di ben sei giornate è un insulto all’intelligenza umana. O meglio, un rifiuto alla stessa. L’Acireale si faccia sentire, lo faccia in maniera rabbiosa e furiosa. Domenica non ha perso l’Acireale, ma ha perso lo sport. E, purtroppo, così sarà finche questa piaga non verrà debellata con prese di posizione CONCRETE. Lo sport perde e perde ogni domenica, quando tanti Mbaba Ndiaye restano vittime non tutelate da chi – avendone il potere – sbaglia, persevera e ammazza il sociale. Quindi, chiedo a voi che ne avete il potere ma non tutelate: come si combatte il razzismo?

Foto: Acifotopress

Giorgio Cavallaro

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