Una ricerca storica molto accurata si sta svolgendo sulla vita della Baronessa di Carini, personaggio conosciuto attraverso la leggenda popolare che tutti noi conosciamo come “l’ Amaro caso della Baronessa di Carini”.
Le ricerche archivistiche del nostro studioso locale Aurelio Grasso e di Vito Baldalamenti stanno riscrivendo tutta un’altra storia.
Il ritrovamento dell’atto di Battesimo di Laura Lanza ci svela un rapporto di parentela tra la famiglia Lanza e feudatari della Terra di Iaci , i Requesens e i Bardi di Mastrantonio.
La futura Baronessa “Verrà battezzata il 14 ottobre del 1529, come riporta l’atto, nella chiesa di S. Giacomo alla Marina, considerata per ordine d’importanza la seconda chiesa della città di Palermo, dopo la Cattedrale. Di questa chiesa, oggi non più esistente, rimane un manoscritto, redatto dal Dott. Valerio Rosso nel 1590, nel quale riporta anche una descrizione degli interni, soffermandosi anche sull’importanza che rivestiva in quegli anni” . I Padrini di Battesimo furono: “Il primo ad essere citato e il Mastrantonio, ovvero Salvatore Bardi di Mastrantonio, barone di Aci, zio di Laura, in quanto nel 1511 aveva sposato Antonia Lanza figlia di Blasco e di Aloisa Bartolomeo; il secondo personaggio che rileviamo e don Bernardo Riquisens, barone di Pantelleria, gran Cancelliere del Regno, Capitano di Giustizia, Pretore di Palermo, Stratigoto di Messina, Governatore di Castellammare di Palermo e comandante dell’armata navale di Carlo V; il terzo personaggio che rileviamo e donna Antonella Beccadelli di Bologna, appartenente ad una prestigiosa famiglia, i cui membri di sesso maschile occupavano numerosi incarichi di prestigio nella città di Palermo.” (Cit)
Sulla Signoria dei Requisenz nella Terra di Iaci scrive il prof. Salvatore Raccuglia nel suo volume “Storia di Iaci – dalle origini al 1528 d.c.” pubblicato nel 1906:
“Nel 1465 il vicerè Bernardo Requesenz (nonno di uno dei padrini) gli offrì , al Re Giovanni , 40 mila fiorini ed egli, col pretesto del bisogno di denari per la guerra di Catalogna, gli cedè la terra ed il castello di Jaci, con tutti i diritti della signoria, tranne quello della gabella del mosto, già ceduto a Francesco e Roderico Paternò, e con ogni potestà civile e criminale, sino a quella di poter comporre i delitti (i crimen lesae eccettuati) sia gratuitamente, sia per denaro. (cit Cordaro Storia di Catania)
I re siciliani di casa Aragona avevano dato; quelli di Castiglia nobilescamente vendevano! Ma non vendevano soltanto, rubavano, come abbiam veduto, op er lo meno mercanteggiavano. Lopez Ximens venuto in Sicilia a vedere come far denari per il re, si accorse che da Jaci potevasi trarre assai più di quanto il Requesenz non aveva pagato, e senza perderci tempo gli restituì i 40.000 fiorini avuti dal re e cedè ogno cosa ad Antonio Bardi dei Mastrantonio, che ne pagò 45.000.”
Anche Gaetano Gravagno nella sua “Storia di Aci” del 1992 accenna a questa signoria:
“Nel 1465 ancora una volta la Terra e il Castello di Jaci vennero infeudati all’allora vicerè di Sicilia, Bernardo di Requisenz, con l’esclusione della rata della gabella del vino e musto già vendita a Francesco e Roderico Paternò. L’anno sucessivo la baronia venne tolta Requisenz per essere rivendita a condizioni più vantaggiose ad Antonio Bardi dei Mastrantonio.“
in copertina stemma araldico della famiglia Requesenz
(S.P.)