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Piccola storia di Jaci – La “defunta” festa dei morti, 1984

Il prof. Gaetano Vasta nel suo libro “Aciplatani tra storia e leggenda” descriveva, con una vena di nostalgia e di polemica, la tradizionale “Festa dei Morti” dove le componenti essenziali erano l’ingenuità dei bambini e la sorpresa. Ormai anche questa tradizione è scomparsa, rivive soltanto nei ricordi dei bambini di una volta.

Sembrerebbe un controsenso parlare di festa dei defunti, di cui è rimasto solo il nome, privo della parte folcloristica-spettacolare, alla quale eravamo adusi assistere e partecipare. Il 2 novembre di ogni anno, fino a qualche tempo fa, puntualmente aveva luogo, non nelle nostre parti soltanto, ma in tutta la Sicilia, proprio la Festa dei Morti, giorno in cui gli adulti pensavano in particolar modo ai cari trapassati e anche i piccoli avevano occasione di ricordarsene per lo meno in due momenti: la sera della vigilia, quando pregavano più fervidamente del solito per Coloro che “sono in cielo” e la mattina seguente, quando appena aperti gli occhi e messi i piedi a terra, andavano a cercare quei regali, quei doni, quei giocattoli, quei cosiddetti “cosi di morti“, che i “vivi” compravano a loro insaputa e si sbizzarivano a nascondere, perchè ci godevano ad accrescere il fattore sorpresa per tutte quelle ingenue esclamazioni infantili che ne venivano fuori. Ed erano felici, perchè nella loro ingenuità credevano davvero che i Morti, come la Befana, avessero lasciato i doni, sopratutto ai bambini buoni. Ma nessun bambino mai, neanche il più monello, era rimasto deluso nelle sue aspettative, sicchè immancabilmente la mattina del 2 novembre, svegliandosi. aveva trovato i giocattoli desiderati. Era uno spettacolo che pareva urtasse con la serietà e la gravità della giornata, ma che, per la nota gaia dei bimbi, sorretta da mille trilli di gioia nel trovare i giocattoli, faceva pensare più intensamente a Coloro che ci hanno lasciato per sempre. Per l’occasione i Defunti venivano considerati delle anime generose dai piccoli, i quali esultanti scorrazzavano in bicicletta o giocavano col trenino o col caretto, con la sciabola o con l’organetto, col motoscafo o con l’automobile, suonando la trombetta o sparando alla cowboy, mentre le femminucce si godevano la bambola muta o parlante, rigida o semovente, o altri giocattoli a loro più confacenti. Allora l’infanzia era meno ammaliziata, e chi sapeva scrivere compilava addirittura un elenco di tutte le cose che la mattina dopo avrebbe desiderato trovare, sotto il compiaciuto suggerimento degli adulti, che, come sappiamo, avevano di nascosto provveduto agli acquisti. L’elenco veniva letto e riletto, corretto ed integrato all’occorrenza, e quindi posto come una reliquia su un mobile, dove i Morti l’avrebbero di certo trovato. Quindi il richiedente predisponeva appositi recipienti in punti diversi della casa, metterndovi particolari segni di riconoscimento, qualora in famiglia ci fossero stati altri concorrenti, dopo di che si chiudeva la serata con preghiere più sentite del solito. L’ingenuità era il fulcro di quella ricorrenza gioiosa e mesta insieme. E quale disappunto non provavano gli adulti al sentire dalle labbra di certi “piccoli” che si credevano già “grandi” “ ‘a chiazza ‘e’ Morti: u patri accatta, ‘a matri ammuccia e ‘u figghiu ammucca”. Questo era il 2 novembre che carico di folclore, di significato e di sentimento, recava in sé elementi culturali di prim’ordine pari alla Befana, alla Festa della Mamma o a qualsiasi altra ricorrenza dell’anno. Ora è tutto cambiato: gli amatori di questa “Festa” sono considerati matusa, e i piccoli non sanno più cosa sia la sorpresa. Certo non tutta la colpa si deve attribuire alla precocità di sviluppo della intelligenza infantile, se l’esempio lo danno i genitori che vanno a comprare i giocattoli  “di Morti” in compagnia degli stessi figliuoli interessati. Ma poichè, privata del fattore sorpresa e quindi della ingenuità dei benefici, la Festa dei Morti non ha più senso, converrebbe o rieducare i genitori o trasferirla sotto altra data, cambiandone  il nome, per esempio, in Festa dei giocattoli.

foto: Cimitero di Acireale di Michele Alì

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