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Piccola Storia di Jaci – la gabella della Neve

Dai numerosi documenti presenti nell’Archivio della Arcidiocesi di Catania, (fondo Mensa Vescovile), nell’Archivio di Stato (fondo Notarile)  risalenti ai secoli XVII, XVIII e XIX sappiamo che il prodotto “neve” rappresentava un cespite finanziario molto importante (e sin adesso poco conosciuto) nell’economia dell’ Arcidiocesi di Catania. La neve era gestita dal Procuratore della Mensa Vescovile, in genere un nobiluomo cittadino che si occupava della sua raccolta sulle alte pendici del vulcano, della sua conservazione in grotte naturali oppure in neviere costruite all’uopo dall’uomo e poi del suo commercio e consumo in molte città della Sicilia centro-orientale e nelle vicine isole maltesi. Tra la fine del ‘600 ed i primi decenni del ‘700 “l’ inchiusa” (o raccolta) della neve sull’Etna si faceva in genere tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo quando si avevano copiose nevicate in tutta l’Isola . La città di Acireale, i cui giurati, già sin dal 1634 (e forse anche prima), ottenuta la neve dai vescovi catanesi in cambio di 60 onze annuali, ne concedevano poi in gabella al miglior offerente con il sistema della candela accesa. Al 1749 esistevano nella città acese tre botteghe che vendevano neve, oltre a quella della “contrata di Branciardo” (Bongiardo), infatti l’odierna via Lancaster era detta “Vanedda a Nivi” dove fino agli anni 50 del XX sec. esisteva l’ultima bottega della “Neve” .

(fonte prof. Antonio Patane’ “Note sulla Gabella della neve ad Acireale sec. XVII -XX  -Memorie e Rendiconti – Nella foto  Nivaroli dell’Etna)

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