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Senza coraggio si continua a dormire sotto il campanile

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Cambiare, come normale procedura di evoluzione della comunità, è necessità sociale; un bisogno che da minoranza diventa collettivo e che si manifesta sempre con l’acquisizione del potere delle istanze delle avanguardie che diventano massa pensante.

Cambiare significa, quindi, modificare lo status quo e renderlo vibrante e attivo diretto in uno slancio di rinnovamento e, quando serve, di rivoluzione. Ovvero lasciare percorsi già battuti e divenuti ormai lontani dalle esigenze della collettività ed intraprendere nuove modalità d’intervento e di partecipazione e condivisione delle spinte progressiste (termine in questo caso usato come antitesi alla conservazione).

Nelle città, dove tutti gli amministratori sono affranti per la mancanza di fondi, è utile, anzi inesorabile, cercare e trovare nuove forme di finanziamento del territorio e intraprendere strade innovative ma, comunque, esplorate e riconosciute come vincenti.

Per tali motivazioni le linee di continuità che l’amministrazione acese, ogni giorno, ci riserva spengono e diluiscono la spinta innovativa dichiarata in campagna elettorale. Ovvero l’istituzione di un’isola pedonale da piazza Vigo a piazza Duomo avrebbe dato un segnale forte di discontinuità invece ci è stata consegnata una ricetta edulcorata senza corridoio zigzagante. Una scelta, che oltre le analisi, è di continuità e completamente assente di coraggio. Stesso discorso per altri temi di vivibilità urbana ed etici. Se l’amministrazione voleva dare un segno deciso di discontinuità alla regola clerical-borghese-conservatore avrebbe dovuto istituire, come primo atto, il Registro delle Unioni Civili, avrebbe posto nella sua agenda la scrittura immediata dei regolamenti per il referendum cittadino e avrebbe dovuto buttare la ruspe alla Timpa per rimuovere lo scheletro dell’ecomostro. Invece, in tema ambientale, si muove riproducendo vecchi stereotipi. Il MOSE è un progetto già finanziato e allora che si vada avanti anche se gli ambientalisti vanno in Procura e stesso discorso per l’abbattimento del “mercato al chiuso” San Giuseppe. Si abbatte per riproporre schemi che sono ormai obsoleti e fuori da ogni contesto progressista e, intrinsecamente, civico.

In questo senso ritengo interessante l’opera del presidente della fondazione del carnevale di Acireale Antonio Coniglio che tenta di rivoluzionare la formula anche se poi si scontra con una realtà incancrenita e stereotipata che puzza di muffa. In questo senso apprezzo l’operazione Senesi anche se, ad oggi, sta dando scarsi risultati. Ma sono movimenti, accelerazioni, rinnovamenti in embrione.

Non si cambia Acireale senza oltrepassare la linea di contiguità con la conservazione clericale, borghese, vecchia e pesante. Il cambiamento, in una qualsiasi città del sud e ad Acireale in particolare, si attua buttando il cuore oltre l’ostacolo e decidendo che è arrivato il momento di farla finita con un sistema di potere culturale che è, di fatto, oblio sotto il campanile.

(mAd)

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