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STORIE DI CANZONI Eagles – “Hotel California”

Scritta e pubblicata nell’omonimo album del 1976, “Hotel California” deve la sua esistenza al genio creativo di Don Felder, Don Henley e Glenn Frey, tre dei componenti degli Eagles. Il loro album precedente, “One of these nights”, aveva prodotto tre singoli da Top 10 e il loro greatest hits vendette un enorme numero di copie, al punto da diventare il disco più venduto del ventesimo secolo negli Stati Uniti. Racconta Glenn Frey: ”Eravamo sotto la lente del microscopio, erano tutti in attesa del nostro prossimo disco per emanare una sentenza. Don [Henley] e io sapevamo che dovevamo essere convincenti”.
Lo sforzo creativo fu premiato, “Hotel California” ebbe uno straordinario successo di pubblico e critica anche in conseguenza di una significativa evoluzione della band che si allontanò dal pop per avvicinarsi al rock.
Resta tutt’ora un mistero il significato del testo molto elaborato ed introspettivo. Cos’era “Hotel California”, la dipendenza dalla droga? Il nome di una clinica? Un’allusione al satanismo? E neanche le parole di Don Henley chiariscono del tutto la questione: “Il concetto era rivisitare tutto quello che la band aveva attraversato sul piano personale e professionale mentre le corse erano ancora in corso. Stavamo scoprendo un mucchio di cose sulla vita, l’amore, la carriera. Beverly Hills era ancora un luogo mitico per noi. In tal senso, divenne una specie di simbolo e la parola ‘Hotel’ stava per tutto quello che Los Angeles rappresentava. Se dovessi sintetizzare ‘Hotel California’ in una frase, direi che era la fine dell’innocenza, atto primo”.

La storia della stesura di questo brano è del tutto singolare; Don Felder aveva preso casa in affitto a Malibu: “Ricordo che ero seduto in soggiorno, era una giornata spettacolare di luglio e avevo lasciato le porte aperte, avevo addosso un costume da bagno ed ero seduto sul divano ancora gocciolante, fermo a pensare che il mondo era un posto fantastico in cui stare. Stavo giocherellando con una chitarra acustica a dodici corde; gli accordi di ‘Hotel California’ vennero fuori in maniera spontanea”
A quel punto Don Felder registrò la melodia sul suo registratore multitraccia e vi sovraincise il basso e la drum machine. “Sapevo che era un pezzo particolare, ma non sapevo se sarebbe stato adatto per gli Eagles. Era una specie di reggae, quasi un pezzo di chitarra astratta rispetto a quello che girava in radio allora” racconta Felder.
Gli Eagles si rivedono tutti insieme nella primavera del 1976 per iniziare il lavoro su quello che sarebbe diventato il loro quinto disco, Felder fa ascoltare le sue demo strumentali e fu proprio la melodia vagamente reggae che sorprese positivamente il resto della band.

“Felder ci fece sentire una cassetta con circa una dozzina di brani”, ha raccontato Don Henley, “nessuno mi colpì particolarmente prima di quella demo. Era semplice: una progressione di accordi arpeggiati di chitarra, note sostenute simili a quelle di un corno, una drum machine in 4/4. Forse c’erano anche delle percussioni latine da qualche parte”.
Anche Glenn Frey, scomparso nel 2016, ne rimase impressionato e stabilì che il titolo provvisorio durante la registrazione e prima del completamento del testo, dovesse essere “Mexican Reggae”.

Gli Eagles insistettero affinché la produzione dell’album venisse affidata a Bill Szymczyk, già produttore dell’album precedente ed ottennero il suo assenso a condizione che le registrazioni avvenissero nei Criteria Studios di Miami, lontano dagli abituali studi degli Eagles a Los Angeles; la motivazione, tutt’altro che tecnica, dipendeva dal fatto che Szymczyk era rimasto fortemente scioccato da un forte terremoto avvenuto qualche tempo prima. Nei giorni stabiliti per la registrazione, rinchiusi negli stessi Criteria Studios, si trovavano i Black Sabbath al lavoro per l’album “Technical Ecstasy”.
“Gli Eagles stavano registrando nella sala vicino alla nostra, ma eravamo troppo rumorosi per loro” ha detto Tony Iommi, chitarrista e fondatore dei Black Sabbath, ”Il suono continuava a trapelare dai muri e a interferire con le loro sessioni”.

E se è indubbio che i Black Sabbath saranno stati dei fracassoni, è altrettanto vero che gli Eagles non scherzavano per niente quando c’era da far casino. Il bassista dei Sabbath Geezer Butler ricorda di essere entrato nello studio da poco liberato dalla band: “Prima di iniziare a registrare abbiamo dovuto grattare via tutta la cocaina dal mixer. Penso ci abbiano lasciato più di un chilo di roba lì sopra”.
La registrazione del brano “Hotel California”, avvenne dopo circa un anno da quando Felder ne aveva registrato la demo, la quale per dimenticanza, era rimasta dall’altra parte dell’America. Felder non ricordava più alcuni passaggi fondamentali della melodia e così chiesero alla sua domestica di fargliela sentire per telefono.

“Hotel California” ha venduto circa 26 milioni di copie, diventando così il terzo album più venduto in America, dietro la Greatest Hits degli stessi Eagles e “Thriller” di Michael Jackson. Inoltre si è aggiudicata un Grammy Award nel 1975, ed il suo assolo di chitarra è considerato tra i dieci più belli di tutti i tempi.

Immagine: Pablo Picasso – “Il vecchio chitarrista cieco” (1903)

Luigi Pennisi

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