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VI PRESENTO IL MIO MIGLIOR AMICO CARLOS di Enzo Coniglio

carlodiborbone

Vi sembrerà strano come lo è sembrato anche a me, diventare da adolescente liceale, amico per la pelle di un giovane che ho incontrato virtualmente nei libri di scuola e che da allora non mi ha mai abbandonato per oltre 50 anni.

La storia era la materia che amavo di più insieme alla filosofia; divoravo letteralmente i libri di storia nei quali cercavo di capire le radici della nostra terra di Sicilia. Li ruminavo da coniglietto per lunghe settimane cercando di dipanare certe contraddizioni evidenti che balzavano subito agli occhi. E la più grave era l’affermazione secondo cui i Borboni che avevano creato e gestito il regno di Napoli e di Sicilia per cinque generazioni, fossero stati pessimi politici e amministratori. Ma era proprio così? 

Più leggevo e più mi veniva il dubbio che si trattasse di una demonizzazione sabauda, necessaria per dimostrare che quel modello di Risorgimento fosse l’unico capace di assicurare libertà e progresso all’interno di uno Stato liberale; e, pertanto, il Sud doveva essere presentato come mal gestito da re travicelli ed incapaci di creare sviluppo economico, sociale e culturale: una demonizzazione in grande stile!

Su tali argomenti, ho interrogato i miei insegnanti e personalità culturali che andavo incontrando ma con scarsissimi risultati; mi sembravano dei pappagalli che ripetevano una lezione male appresa e ancora ora peggio digerita. Così ho deciso di intraprendere un mio percorso di analisi indipendente iniziando dal 1734, quando viene creato un regno indipendente nel Sud, affidato a… quel giovane Carlos di 18 anni che da allora è diventato il mio miglior amico e la mia guida nel capire la terra in cui ero nato.

Carlos non aveva certo le physique du rôle di un Sovrano: era basso, molto magro e bruttino, con le spalle ricurve e il naso aquilino ma c’erano in lui altre caratteristiche che me lo rendevano prezioso. Era serio, ponderato, riflessivo, costante e, cosa rara, non dormiva in stanze separate dalla Regina che è rimasta incinta dieci volte in 13 anni. 

CARLOS era un autentico cittadino europeo ante literam, essendo nipote del Delfino del Re di Francia Luigi XIV; era figlio di Filippo V francese e spagnolo insieme e della italianissima Elisabetta Farnese: un crogiolo di lingue e di cultura ben amalgamate nella educazione del giovane Re che già a 15 anni era Duca di Parma e di Piacenza.

Grazie a CARLOS e al nuovo regno borbonico di Napoli e Sicilia, la gente del Sud non era sottomessa agli Angioini, agli Aragonesi, agli Spagnoli o agli Austriaci a cui erano stati costretti a pagare delle salatissime imposte che venivano trasferite all’estero, lasciando la loro terra sempre più povera e con nessun piano di sviluppo, come una pessima Colonia mal amministrata per giunta! la loro terra sempre più povera. 

Ora, grazie a CARLOS e al suo regno, le risorse rimanevano all’interno del nuovo Regno e mi chiedevo se quel giovane sarebbe stato capace di governare con giustizia e in maniera efficiente, pur nei limiti della logica di uno Stato sovrano. 

Constatavo con soddisfazione che, appena assunto il potere, si era premurato ad incontrare la nobiltà, gli operatori dei settori produttivi e commerciali, i religiosi e gli intellettuali; a partecipare alle popolari battute di caccia e a ricevere i delegati delle varie comunità locali. Ha dimostrato di sapere quanto fosse importante riconoscere e rispettare i sentimenti religiosi popolari tanto da regalare a San Gennaro, il giorno dell’insediamento, il 10 maggio del 1734,  una preziosa collana di diamanti e rubini e ne è stato ripagato con la liquefazione del sangue!

Ero positivamente colpito dalla sensibilità del giovane Re nei confronti di tutti i cittadini e delle provincie del regno. Nel marzo del 1735 aveva iniziato un viaggio snervante e visitato anche le provincie più lontane come la Puglia,  la Calabria e  infine, la Sicilia dove il 3 luglio era stato incoronato Re di Sicilia, in continuità con i precedenti 18 Re. I festeggiamenti durarono cinque giorni durante i quali, CARLOS ha distribuito alla plebe delle monete d’argento, coniate per l’occasione.

L’approccio era quello giusto. Ora bisognava giudicarlo dalle opere. 

Innanzitutto apprezzavo la sua capacità di evitare la rivincita dell’Austria che pretendeva di riconquistare il Sud – colonia, dichiarandosi prima neutrale nelle varie guerre che si succedevano in Europa e poi, messo alle strette, si decise di affrontarla e sconfiggerla, consolidando così definitivamente il nuovo Regno indipendente. Una sua sconfitta sarebbe stata la fine della indipendenza del Sud!

CARLOS si rese progressivamente indipendente dalla sua famiglia spagnola e italiana e dai consiglieri imposti dalla stessa, grazie alla sua indole pacata e al notevole fiuto politico; cosa alquanto difficile se pensiamo alla sua giovanissima età. Scelse una moglie altrettanto giovanissima e Sassone, fuori dal suo cerchio magico e non ebbe mai dei seri problemi matrimoniali. 

Ma ritorniamo al suo programma economico e sociale, chiarendo subito che CARLOS non poteva contare su un ceto medio produttivo che non esisteva;  molte aree delle campagne erano spopolate, improduttive e insicure. Ma il compito più difficile, vorrei dire titanico, era quello di mettere ordine nel sistema feudale dove il privilegio feudale, l’esercizio del potere giudiziario e l’immunità fiscale, sia dei Nobili che degli Ecclesiastici, limitavano drasticamente i suoi poteri. 

Non si trattava quindi di ammodernizzare una struttura esistente, ma di creare ex novo una nuova struttura, limitando pesantemente i poteri dei nobili e del clero. Scrivevano Dino Carpanetto e Giuseppe Ricuperati: ” si trattava di sradicare la corruzione dai tribunali regi, snellire la giustizia, rendere efficiente l’amministrazione, portare criteri di equità nel fisco, ridurre la protervia dei baroni, rilanciare l’economia e limitare lo strapotere della Chiesa”. E Gianni Oliva aggiunge in maniera appropriata:”Si trattava di trasformare il Mezzogiorno in uno Stato moderno  con una autorità centrale riconosciuta capace di farsi obbedire su tutto il territorio, secondo un modello che la Francia e la Spagna avevano già realizzato nel XVI e nel XVII secolo”. 

Per capire quale fosse la situazione reale e cosa fosse prioritario fare, CARLOS chiese al suo consigliere principale Tanucci dopo appena un anno dal suo insediamento, di presentargli una relazione dettagliata di tutte le province, delle città e dei castelli che ricevette e che tenne nella massima considerazione. 

Cosa fece in concreto? Con molta cautela e conoscendo i suoi limiti, tenta di ridurre il potere baronale ed ecclesiastico rivedendo i diritti pubblici sulle dogane, le gabelle, i monopoli di produzione e di scambio, i diritti contributivi sulle merci immagazzinate. Inizia subito una politica di riacquisto dei beni; pochi anni dopo, inizia la revisione del catasto inclusa la redditività dei beni accatastati. 

Ma le difficoltà maggiori le incontra con la Chiesa che si oppone alla limitazione delle tre immunità di cui gode: l’immunità dei luoghi ( che interessava oltre 20.000 persone), l’immunità personale (riservata ai chierici ed ecclesiastici) e l’immunità reale (esenzione fiscale). CARLOS chiese ed ottenne di sottoscrivere un Concordato dopo un durissimo braccio di ferro, sul modello di quello sottoscritto qualche anno prima dalla Spagna. Viene limitata la giurisdizione del clero, vengono tassati alcuni beni, si limita a pochi casi, il diritto di asilo e si istituisce un tribunale misto. 

Affrontate con enormi difficoltà e risolte in parte le questioni sul tappeto, si dedica ad una imponente programma di opere pubbliche, come la creazione di una efficiente rete viaria carrabile che collega Napoli a tutte le provincie e un imponente programma di opere pubbliche, come il rifacimento del Palazzo reale e del castello feudale di Procida, la reggia di Portici, per citarne solo alcune. Ma l’opera più imponente è rappresentata dalla costruzione della villa reale di Caserta sull’esempio di Versailles. Crea così lavoro per decina di migliaia di operai ma soprattutto rivaluta le maestranze di diversi settori e crea la nuova maestranze della ceramica di Capodimonte e quella degli arazzi e dei tappeti. 

Ma CARLOS sa quanto importante fosse l’investimento nel settore culturale e coerentemente fa costruire il teatro San Carlo, promuove un vasto programma  di ricerche Archeologiche, ha fondato la Reale Accademia Ercolanense e, in particolare, si occupa dello sviluppo e della qualità degli studi universitari che arricchisce con nuove facoltà economiche e scientifiche,  fiducioso nella eccellente classe dirigente cosmopolita  che egli coopta e di cui fanno parte Bartolomeo Intieri e Celestino Galliani.

Scrive Gianni Oliva nel suo “Un Regno che è stato grande:”l’insieme di queste spinte fanno sì che  Napoli e la Sicilia si pongano in quegli anni all’avanguardia tra gli Stati  della Penisola e che a Carlo di Borbone guardino  non solo gli uomini del Mezogiorno, ma anche quelli che vagheggiano L’Unità nazionale. Il conte piemontese, Alberto Radicati di Passerano si indirizza a lui nel 1736 esortandolo ‘a compiere quel che a Torino non si era stati capaci di fare’, cioè diventare Re d’Italia.

Il mio amico CARLOS, purtroppo non è diventato Re d’Italia ma Re di Spagna, ritornando alle sue origini dinastiche. 

Questo è stato il migliore amico della mia adolescenza e della mia giovinezza e resta anche oggi un modello di pensiero e di azione per un Sud autonomo, orgoglioso e tenacemente deciso a riscattarsi. GRAZIE CARLOS!

(Enzo Coniglio)

 

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