Fancity Acireale

Piccola storia di Jaci – La condizione della donna all’ombra dei campanili acesi alla fine dell’800

 

 

Uno spaccato di vita acese descritto con maestria dal giornalista Vito Finocchiaro nel suo saggio “Alfio Fichera ed il suo tempo”  in cui raccontava la difficile condizione delle donne, specialmente quelle dei ceti più umili, che vivevano nella nostra città:

…” La casalinga, la condizione più propriamente femminile e significativa in cui il sesso debole si ritrovava meglio (oltre che in maggioranza) perchè poneva al riparo dalla noia mortale, ma anche dalle fatiche, dalla rinunzia alla vita, dalle umiliazioni. Allora, infatti, le donne, se non erano casalinghe, potevano essere o signore e signorine “per bene” di solito nullafacenti, oppure lavoratrici manuali in opifici artigianali o in proprio, oppure monache, novizie o converse, oppure “criate”, vale a dire cameriere, spesso destinate…per servizio ad iniziare ai segreti della vita materiale gli imberbi padroncini (alias “signurini”!) od a distrarre i padroni dalle mogli, le quali, per convincimento religioso o per poca disponibilità congenita alle ripetute prestazioni erotiche (è risaputo che i maschi acesi, specie se signori, erano insaziabili a tavola e nelle alcove!), ben volentieri chiudevano gli occhi. Nessun problema di coscienza, poi, se la ragazza perdeva la “preziosissima” verginità o se restava incinta: quasi sempre nel primo caso c’era una piccola dote per agevolare il matrimonio con un disponibile morto di fame, e nel secondo caso sempre la “ruota” per il frutto della colpa”. Condizione, quindi, del tutto secondaria in quei tempi delle donne, in Acireale ufficialmente terze, in ordine d’importanza, nella scala sociale dopo maschi e …garzoni!. Una condizione che sarà dura a morire, specie all’ombra del nostro Duomo, se mia madre, palermitana e quindi cittadina a tutti gli effetti, mi ricorda come e qualmente ancora nel 1923, quando fu trasferita al Liceo Scientifico di Acireale (preside il distintissimo professore Calì Cardella) e mio nonno, dopo averla accompagnata, la sistemò per il soggiorno nella casa intemerata d’una anziana signorina in via Cosentini (dalla descrizione mi par di capire che fosse la casa dove abitò e morì Emanuele Macrì), in città, sia perchè la mamma era distinta d’aspetto, sia perchè da buona palermitana era elegante, sia perchè abitava senza famiglia, sia perchè camminava da sola, sia sopratutto perchè era una “professoressa”, usurpatrice cioè d’un ruolo maschile, veniva guardata come una “bestia rara”….

Vito Finocchiaro per “Alfio Fichera ed il suo tempo” saggio integrale su Memorie e Rendiconti anno 1990.

Foto puramente dimostrativa …trattasi di una famiglia della Provincia anno 1904