Le orribili notizie che provengono dalla cosidetta “comunità di Lavina” fondata dal prete esorcista don Cavalli dovrebbero – ora che la misura è colma – scuotere la chiesa acese, dal suo vertice in giù che, come ho scritto in un recente articolo – specie in questi ultimi anni sta privilegiando una sua presenza nella società caratterizzata da notevole spregiudicatezza e aggressività in politica non disgiunta da forti interessi economici, accompagnata da un generale stato, al suo interno, di emersione di forze, gruppi, individui, che nulla hanno a che spartire con la “povertà” che Francesco I dice di volere come statuto permanente dei cattolici.
Oggi, la stampa, attingendo alle ancora rade prese di posizione, fa le pulci tra associazione ‘cattolica’ e ‘civile’, tendendo a definire con quest’ultimo termine notarile un’associazione di ben cinquemila membri servita come riserva blindata di voti per diversi personaggi i cui nomi tutti conoscono, personaggi che del cattolicesimo hanno fatto il leit motiv del loro cosiddetto “impegno in politica, al servizio della gente”.
Sono stato cattolico fino al’età di tredici anni. Cattolico militante. Quando entrai in crisi – e non ero solo- a metà degli anni Sessanta, nessuno (assistenti, parroco, vicario, vescovo) si fece cura di ciò che stava succedendo a un’intera generazione di giovani, alle domande pressanti che gli rivolgevamo. Preferirono dare aiuti e sostegno morale ai “giovani turchi” democristiani, che erano rimasti al loro posto sublimando la crisi in solidi avamposti elettorali. Dico questo perchè il tempo che è trascorso non è poi così lungo, anche se lo è apparentemente: la ‘ comunità’ di Lavina va avanti con le note vicende già da un venticinquennio, ed è lecito pensare che essa è depositaria dell’eredità della DC di Aleppo e di Nicolosi.
Rifletta, la chiesa acese: passi in rassegna tutto ciò che di ambiguo, di immorale a partire dalla ‘politica’ ha al suo interno. Prenda le distanze da chi ritiene che il potere, dalle nostre parti, gli sia stato conferito stabilmente nel corso di un fastoso Te Deum. Abbia la forza di mettere in discussione qualsiasi gerarchia tenti di trascinarla verso facili e rilassati modelli di vita. E non si scordi degli atei, che non hanno colpa dei suoi errori.
(Ivan Castrogiovanni)