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Presentato “FINALMENTE A ITACA” di Salvatore Agati

ACIREALE – Si è svolta ieri (11/11/2017 ndr) al Palazzo di Città, la presentazione del libro “Finalmente Itaca”, raccolta di 23 liriche sul mito di Ulisse, dello scrittore, giornalista e in passato anche sindaco della natìa Randazzo, Salvatore Agati. A presentare l’evento, patrocinato dall’assessorato alla cultura con la presenza dell’assessore Antonio Coniglio, l’ex preside del Liceo Classico “Gulli e Pennisi”di Acireale, prof. Alfonso Sciacca (curatore, inoltre, della post-fazione del libro) e il prof. Salvatore Valastro, docente di lettere al Liceo Classico “Gulli e Pennisi”.
Il mito di Ulisse, lungi dall’essere considerato anacronistico, ha incuriosito da sempre scrittori, poeti e musicisti di ogni tempo (da Dante a Joyce, solo per citarne alcuni), rappresentando, l’uomo nella sua talvolta tragica umanità, o, per usare le parole del prof. Sciacca “un archetipo, […] un modello originario della nostra esistenza, un’immagine presente nell’inconscio collettivo”, perché è “l’eroe omerico che svela molto della nostra vita. Perché in ognuno di noi c’è un tantino, più o meno, di Ulisse. C’è l’avventuroso navigatore che non vuole mai accontentarsi di aver raggiunto una meta; c’è il sognatore; c’è il curioso indagatore di ciò che è diverso da noi; c’è l’uomo che pretende di vincere tutto fidando solo sulla sua accorta intelligenza”. Ecco che Ulisse “eroe del lungo e infausto viaggio” (seconda lirica “Oh figlio di Crono!”), incarna perfettamente l’uomo del ‘900, pieno di dubbi e di verità relative, pronto a “navigare” dentro se stesso in una “recherche”di proustiana memoria, che non lo riesce a rendere mai pago, ma che risveglia continuamente nuove curiosità e nuovi orizzonti da esplorare.

Tuttavia, l’Ulisse delle liriche di Agati è un Ulisse ormai stanco, consapevole che qualunque viaggio o esplorazione prima o poi conduca a ritrovare se stessi e le proprie radici, quell’Itaca che rappresenta il legame con il passato, gli affetti, la propria storia, ciò che siamo, di cui ci allontaniamo, ma a cui, alla fine aneliamo il ritorno, consci del fatto di non poter più essere ciò che eravamo, perché le esperienze vissute ci hanno definitivamente trasformati.

E tutto ciò che abbiamo vissuto rimane per sempre con noi, perchè “[…] serbatoio dei nostri peccati, / dell’intero nostro viaggio mortale, /la memoria finisce per insediarsi, /all’insaputa, dentro di noi.” (diciottesima lirica “Ah, la memoria!”)

(Valeria Musmeci)

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