Ieri sera si è spento un altro pezzo di storia di Acireale, l’artista Paul Pennisi. Lo ricordiamo attraverso una recensione di Pietro Juvara del 2010.
Nato nel 1930 ad Acireale da una antica famiglia di nobili origini e dalle forti tradizioni umanistiche .
Io non conoscevo e non conosco ancora tutta la sua magnifica produzione pittorica, composta da centinaia di opere, quasi tutte rigorosamente su vecchie tavole di legno, (le “icone profane”) magicamente “trattate” dall’artista con una tecnica antica che deriva dalla sua esperienza in terra greca (e nei monasteri bizantini sul Monte Athos), ma le 80 opere esposte alla mostra (altre 30 opere erano esposte in contemporanea ad Acireale nella biblioteca Zelantea), con quella pittura preziosa e raffinata, in uno spettacolare afflato di colori e di incredibili sfumature, mi hanno emozionato a tal punto che senza tema di essere smentito oso definire il maestro Paul Pennisi “il Pittore degli dei!”…La sua ispirazione, anzi: tutta la sua Arte, ha un che di divino, di trascendentale che letteralmente e amabilmente ti rapisce. Lo contraddistingue quella compostezza, quella sacralità eccelsa (sublimata però, e dunque resa più “laica”, dalla esperienza cubista) che ben giustificano il mio termine: “il Pittore degli dei”!.
Paul Pennisi non ama le tele, e perciò non dipinge mai su tela. E’ un elemento facilmente deperibile mi dice, e anche il telaio in legno non è sufficiente a garantire per sempre la stessa stabilità della tela e dunque del quadro nel suo insieme. Ecco allora le sue mirabili e preziosissime opere su legno: le“icone profane”, come le definì a suo tempo il critico d’arte Giuseppe Marchiori, per la totale assenza, in queste icone, anche di grandi dimensioni, di figure sacre, dunque per la totale assenza dell’Uomo…Ecco una pecularietà (o una contraddizione?) nella splendida e raffinata pittura di questo grande Maestro che fa onore alla sua terra…Già: Paul Pennisi dipinge case, castelli, rocche, abbarbicate fortemente tra l’azzurro infinito del cielo e quello più compatto e mobile del mare, (come scrive Giuseppe Contarino sulla brochure della mostra) e dipinge templi immensi e colonne divelte tra le grandi e bianche pietre di tufo o di candido travertino, ma non dipinge mai l’Uomo, né in forma laica, né in forma “sacra”… Una casualità o una precisa scelta?
Piero Juvara