Il 19 agosto del 1860 le truppe garibaldine attraversano lo stretto di Messina, lo sbarco avviene nella zona di Melito, tra Capo dell’Armi e Capo Spartivento. Le truppe dopo lo sbarco avanzano verso Reggio.
Il grosso dell’armata borbonica in Calabria, costituito da 10.000 uomini sono concentrati a Monteleone e sono poste al comando del gen. Giuseppe Ghio. Questi avrebbe pure la possibilità di attaccare Garibaldi; preferisce invece iniziare una ritirata verso nord, nella speranza di ricollegarsi con qualche agguerrito nucleo di resistenza borbonica. Garibaldi si mette all’inseguimento con una marcia a tappe forzate che avviene prevalentemente di notte per combattere la gran calura. Alla fine di agosto il gen. Ghio e i suoi uomini giungono al villaggio di Soveria Mannelli, vicino al confine tra Catanzaro e Cosenza, dove trovano la strada sbarrata da bande di insorti calabresi. A questo punto Ghio decide di fermare i suoi uomini e di disporli verso la direzione da cui dovrebbero giungere Garibaldi . Questi arriva a Soveria il pomeriggio del 30 agosto alla testa di 2000 insorti e di qualche decina di camicie rosse. Il generale manda subito alcuni ufficiali da Ghio per chiedergli la resa senza condizioni e, siccome questi esita, schiera i suoi uomini in modo da accerchiare il nemico, dando l’ordine di muovere in avanti. Ma quando i borbonici vedono i garibaldini avanzare, gettano le armi e si arrendono o si danno alla fuga. Anche in questo caso l’invito a passare nelle sue file, fatto da Garibaldi ai soldati nemici cade quasi completamente nel vuoto. La resa delle truppe di Ghio consente al generale di impossessarsi di un ricco bottino: 12 cannoni da campo, 10.000 fucili, 300 cavalli e quasi altrettanti muli.
La marcia di Garibaldi verso Napoli è ormai inarrestabile.
Pochi giorni dopo la resa di Soveria Mannelli, Garibaldi nomina Ghio comandante di Sant’Elmo, la piazza di Napoli. Questa nomina suscitò vivaci proteste da parte dei mazziniani a causa del ruolo avuto da Ghio nella fine di Pisacane. In seguito alle polemiche, nel novembre del 1860 Ghio lasciò l’esercito piemontese. A causa delle modalità della resa di Soveria Mannelli e del successivo ingresso nell’esercito piemontese, Giuseppe Ghio venne accusato di tradimento dai fautori della monarchia borbonica. Morì di morte violenta in località “Ponti Rossi”, a Napoli nel 1875.
Fonti: Storia d’Italia di Arrigo Petacco
Wikipedia
Vignetta: Thomas Nast Disarmo di Soveria 1860