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Acireale (e non solo) e il suo ’77 ribelle

“Disoccupate le strade dai sogni
e regalateci le vostre parole,
che non vi si scopra nascosti a fare l’amore
i criminali siano illuminati dal sole.”

Una serata piena di emozioni, di ricordi, di amarcord -tra un Guccini e un Lolli in sottofondo- quella celebrata ieri pomeriggio ad Acireale per presentare il libro “77 Ribelle, l’ultima ondata rivoluzionaria, storie e situazioni del Movimento, a cura di Francesco Musmeci e Giuseppe Grasso. Emozioni per chi c’era, in quel 1977, e ne ha vissuto pienamente gli eventi, il risveglio collettivo, l’ultimo, ahinoi, ma anche per chi come me, nata nel 1978 (annus horribilis?), di quest’ultima ondata rivoluzionaria ne aveva sempre sentito parlare, ma quasi con distacco, nell’incredulità di chi oggi, non è in grado di immaginare una generazione di acesi così sveglia e attiva. Il 1977 è stato, secondo le parole dei curatori, l’anno “che ha cambiato l’Italia per sempre, sfilacciando le trame definite del vissuto collettivo, stravolgendo ruoli e funzioni della politica, esaltando la creatività e la ricchezza delle diversità”.
Il dato assolutamente interessante è tuttavia, il ruolo che esso giocò ad Acireale: un risveglio collettivo dalla portata straordinaria per ciò che conseguì. Dal Contromanifesto del Collettivo Operatori Estetici alla X Rassegna Internazionale d’Arte del gennaio 1977, al fermento dei tanti gruppi acesi e catanesi(dai Radicali, a Lotta Continua, al movimento femminista) venuti ad Acireale per far sentire la loro voce durante la Marcia Antiaborto del 20 marzo 1977, organizzata da alcuni gruppi della diocesi di Acireale. Una voce venuta in pace, che è stata interrotta bruscamente dalla cattura di due giovani partecipanti, Mariella Andronaco e Giancarlo Consoli, quest’ultimo presente in sala, ne ha raccontato la vicenda vissuta in prima persona. Vengono arrestati e condannati, suscitando grande scalpore ad Acireale, a seguito di un processo farsa. E’ l’Acireale che non ci sta, quella che stava sognando un mondo migliore, ma che viene bruscamente svegliata e catapultata in una squallida realtà borghese, perbenista e conservatrice.
E infine, per chiudere l’anno in bellezza, la ribellione diventa occupazione e i giovani, tutti, indistintamente, senza necessariamente legami con gruppi politici decidono, tra il novembre 1977 e l’aprile 1978, di occupare il collegio Pennisi. Non un collegio, ma “il” Collegio per eccellenza, quello che rappresentava il prestigio di un’istruzione privata, severa, cattolica, conservatrice (i gesuiti, per l’appunto) per tutto il mezzogiorno. E così, attraverso la testimonianza di due, allora, giovani studenti delle superiori, Mario D’Anna e Salvo Cacciola, abbiamo percepito, noi che non c’eravamo, ma anche chi c’era stato, i loro stati d’animo, la loro voglia di credere che forse ogni tanto i sogni si potessero veramente realizzare. E a quei ragazzi, noi oggi dovremmo dire grazie per il coraggio, l’intraprendenza e, soprattutto, per aver reso un bene privato, un bene pubblico, a servizio della collettività.

(Valeria Musmeci)

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