“A volte non abito qui
ma sono qui adesso
per ricordare a tutti
il mio desiderio di guarire,
per cantare al mondo
il mio diritto di cittadinanza
e comprensione,
il mio credito all’amore e all’accettazione
di questo mio essere vivo e non contagioso.”
Si è svolto ieri pomeriggio, presso l’antisala consiliare del palazzo di Città, il secondo appuntamento della rubrica “Scritto e Parlato” organizzata dall’associazione culturale “Vie Traverse”, per presentare il libro “A volte non abito qui, parole per raccontare l’epilessia”.
Il volume raccoglie una serie di racconti e poesie selezionati tra gli elaborati che hanno partecipato alla prima edizione del Concorso di Medicina Narrativa- Raccontare l’Epilessia , bandito da Fondazione Epilessia LICE Onlus. Attraverso questo concorso si è voluta offrire la possibilità di esprimere la propria esperienza personale e raccontare, attraverso la scrittura, le difficoltà di convivere ogni giorno con l’epilessia.
A dialogare con il numeroso pubblico presente in sala, il neurologo epilttologo, prof. Vito Sofia, il quale ha presentato, da un punto di vista medico-scientifico, la malattia in tutta la sua crudezza, attraverso l’ausilio di slide che hanno mostrato alcune fasi in cui i pazienti si vengono a trovare quando vengono colpiti da questo male improvviso e alle difficoltà che spesso hanno gli altri per far fronte a questi terribili momenti , spesso invalidanti. Insieme a lui, la dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo “Giovanni XXIII” di Acireale, prof.ssa Alfina Bertè, la quale ha, invece, messo in luce tutti gli aspetti che riguardano i soggetti che soffrono di epilessia in ambito scolastico, le difficoltà che spesso il personale scolastico tutto riscontra – non per proprie incapacità, ma semplicemente perché impreparato-, nonché l’importanza di riuscire a far sentire gli alunni parte della comunità scolastica a pieno titolo e far sì che gli stessi possano partecipare a qualunque iniziativa proposta dall’istituzione scolastica.
Sì, perché chi soffre di epilessia teme di far paura agli altri, vivendo nell’inconsapevolezza di non sapere quando arriverà il prossimo attacco e spesso soffre per sé e per gli altri, rinunciando a vivere pienamente la propria vita. Come scrive appunto, uno degli autore del libro: “È il rumore che non comprendi, che dopo diventa angoscia. È la speranza che non sia di nuovo. È la rabbia che non si ferma, una lancia che sventra l’anima / che ti lascia senza vita. […]. È un sacrificio non compreso da molti che spesso condannano prima di conoscere.”
(Valeria Musmeci)