IL NUOVO PONTE DI GENOVA SARA’ INAUGURATO IL 3 AGOSTO. PUBBLICHIAMO UNA RIFLESSIONE DELL’ARCHITETTO IVAN CASTROGIOVANNI
Tra qualche giorno sarà inaugurato il nuovo ponte di Genova, posto su pilastri stavolta placidamente verticali su cui poggia l’autostrada anziché sui fatali tre “cavalletti” caratteristici di diversi manufatti dell’ingegner Riccardo Morandi, che li sperimentò, oltre che in Italia (ad esempio, a Roma) anche in America latina negli anni ‘60. Si insiste sul “dono” che il senatore a vita Renzo Piano ha fatto alla sua Genova e sull’ ”orgoglio” tutto italiano relativamente alla linea estetica, ai tempi relativamente brevi per realizzarlo, e, non ultimo, ai materiali di qualità impiegati. Trattando di questioni squisitamente architettoniche, (e qui consiglio specialmente ai giovani di andare a leggere la nutrita letteratura prodotta, in uno col suo lavoro di sperimentatore, da Pierluigi Nervi , oltre che dallo stesso Morandi, entrambi pervasi, come tutti gli operatori e i teorici degli anni ‘30-’60, da un ottimismo ‘edonistico’ circa il materiale che venne larghissimamente utilizzato, il c.d. ‘cemento armato’, che condusse a una supervalutazione delle sue possibilità, dei suoi ‘stati limite’, al punto da far divinare dallo stesso Nervi che si sarebbe giunti, col ferrocemento e con ulteriori sviluppi, a un materiale quasi… flessibile, incorruttibile, quasi una risposta moderna alla quadrata e serena arte edificatoria Romana), non si può qui non notare che il ponte su cui Mattarella transiterà per primo il 3 agosto costituisce…un passo indietro nelle vicende costruttive dell’umanità: o meglio, un ripensamento, un’ammissione di colpa, un chiedere scusa mutamente a chi, duemila e cinquecento anni fa, sapeva il fatto suo circa tecniche e materiali di costruzione. Ed è bene che ciò avvenga, anche se Piano insiste su aspetti puramente tattili, quali la ‘pancia’, la leggera carenatura del sotto delle travi stradali, elementi di poca o punta importanza costruttiva ma anche estetica. Piano non ammette che disinvoltamente è tornato indietro. E poi, circa il suo dono alla Città, ricordi che gli architetti e gli ingegneri degli Ordini genovesi si erano pronunciati per un libero concorso di idee.
Chiunque osservi ex post com’era fatto il ponte che è crollato due anni fa, non potrà fare a meno di provare un brivido all’idea di doverci passare in auto: quei cavalletti alti novanta metri senza alcun elemento verticale, come forcipi troppo snelli e traforati, quegli stralli foderati di (!)… cemento, quell’impressione, realistica, di materiale rappezzato (peraltro, non riparabile se si considerino le masse in gioco)… Il dramma è che nella sola Italia strutture somigliantissime, più o meno grandi, sono presenti a decine. Per non parlare di viadotti altissimi, come il “Costanzo” di Modica, che è tra i più alti d’Europa, pur esso opera di Morandi, dove si pongono problemi diversi, innanzitutto circa la durabilità del cemento armato.
Quindi, è il caso, con l’orgoglio italiano, di andarci…Piano.
Ivan Castrogiovanni