L’auto da status symbol si trasforma in incubo. E’ un angoscia quotidiana fatta da costi sempre più alti per carburante, bollo, assicurazione e manutenzione ed è angoscia tutte quelle volte che si rimane imbottigliati nel traffico, la disperazione quando non si riesce a trovare un parcheggio. E’ angoscia quando, magari senza colpe, si subisce un incidente, è tragedia leggere le statistiche relative ai morti e ai feriti per incidenti stradali. L’automobile è, oggi, certamente un incubo che è diventato rapidamente un problema sociale.
Le strade piene di “lamiere”, gli automobilisti che quando escono di casa devono prepararsi alla lotta, davanti alle scuole file di automobilisti/genitori che attendono i figli al suono della campanella, doppie e triple file. Intere aree che potrebbero essere destinate a spazi sociali e ricreativi trasformati in parcheggi. Un inferno.
Eppure le tendenze dei Paesi evoluti del nord Europa vanno in un’altra direzione. Vanno, cioè, nella direzione di diminuire lo spazio alle autovetture, potenziare il trasporto urbano, promuovere le aree ztl, istituire isole pedonali, creare parcheggi di scambio e fornire l’uso delle navette. Oggi il caos urbano impazzito possiamo vederlo solo nella megalopoli cinesi e indiane, per quella parte di mondo che ha superato da quasi trecento anni la rivoluzione industriale pesante, lo sviluppo e la civiltà si muovono con altri concetti, sui binari della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente. Da noi, a sud, ad Acireale tutto questo rimane un sogno irrealizzabile, siamo lo specchio di una società malata, superata, tragica e folkloristica allo stesso tempo. Abbiamo la lancetta del tempo rimasta paralizzata all’era del “Cynar”, siamo di fronte ad uno scenario ridicolo e drammatico allo stesso tempo.
Se l’amministrazione Barbagallo immagina di produrre vivibilità aprendo piazza Duomo (la parte centrale al traffico) non solo commette un errore (già annunciato in campagna elettorale e scritto nel programma) ma si rende, di fatto, responsabile di una scelta che deve essere identificata come arretramento culturale. Una modalità di azione che sconosce ogni riferimento culturale, ogni conoscenza dello sviluppo del territorio e sconosce anche tante realtà siciliane (per rimanere nel nostro ambito) dove il centro storico è sempre chiuso al traffico dove ci si è dato un’identità. Ed è questo il punto della questione. Che identità ha oggi Acireale? Di certo molte caratteristiche del passato sembrano non esistere più. Città dei limoni? Città dei congressi? Città termale? Sono state modalità caratterizzanti che per vari motivi sono andate perdute ma che invece andrebbero recuperate con azioni politiche ben precise.
La nostra città dovrebbe, quindi, orientare i suoi sforzi verso la ricerca di un’identità precisa che sappia coniugare le tradizioni alle nuove modalità d’intervento. Una città termale, quindi, che possa offrire benessere, un centro storico servito e vitale, produzione doc degli agrumi, incentivazione del mezzo pubblico, collegamenti con il mare. Gli eventi, anche quelli più riusciti, non fanno sistema, al contrario mostrano come si ha la voglia di cambiare e come, poi, ci si risveglia spesso a dover convivere con una moltitudine di mancanza di servizi. Ci vuole strategia, progetto, ricostruzione di un’identità senza questi riferimenti non si va da nessuna parte e si rimane a immaginare come potrebbe essere e come non sarà mai.