E’ vero, i centri commerciali sono pieni di folla e le strade deserte. Allora bisogna cercare di capire i motivi.
1) Un piccolo esercizio commerciale, a parità di prodotto, non può essere competitivo con i megastore; 2) L’offerta dei piccoli esercenti deve essere diversa rispetto a quella della grande distribuzione; 3) Tra abbigliamento e food per essere competitivi bisogna preferire il secondo; 4) I prodotti costosi hanno meno flessione rispetto a prodotti di basso costo e non sono presenti nei centri commerciali; 5) L’assistenza all’acquisto deve essere un “plus” per i piccoli esercizi commerciali;5) Non è possibile competere con articoli teconologi; 6) Il centro cittadino è spesso un caos dove l’acquisto diventa momento di stress e non è pianificata una modalità per rendere il centro appetibile a chi vuole fare shopping per una durata superiore ai tre minuti; 7) I centri commerciali, oltre alla vendita di prodotti a costi convenienti, sono diventati (purtroppo) anche luogho di incontro per ragazzi e ragazze dai 13 ai 25 anni. Nelle città i luoghi d’incontro si sono impoveriti e dimezzati causa sviluppo urbanistico e “cementizio” senza alcuna progettualità e senso di comunità; 8) I costi che sostengono i piccoli esercenti in affito e tasse è diventato insostenibile a fronte di guadagni sempre più esigui; 9) La soluzione di permettere il libero transito delle automobili aggrava la situazione e rende maggiormente invivibile il centro urbano; 10) La crisi è diffusa ma viene maggiormente percepita in quelle città (come Acireale) che negli anni non hanno saputo pensare ad uno sviluppo armonico del centro storico e non hanno mai pensato di dedicarsi seriamente alla vivibilità.
Ci sarebbe altro da dire ma, per il momento, meglio fermarsi qui. Ecco, questi sono i risultati di una cittadinanza che pur di risolvere problemi personali non ha mai pensato di premiare amministratori lungimiranti. In sintesi questo è il prezzo della “rizzetta”.
(mAd)
