Da chi ci rappresenta al massimo livello, dobbiamo pretendere un estremo rigore nel linguaggio e soprattutto nei giudizi su temi di estrema delicatezza come il dramma umano della complessa crisi greca. Matteo Renzi ha dimenticato da tempo questa regola d’oro, e noi glielo continuiamo a permettere, complici di una retorica da strapazzo.
L’ultima battuta infelice, in occasione della direzione PD di lunedì scorso: “Le scissioni funzionano come minaccia non al momento elettorale. Per usare un tecnicismo, anche sto Varoufakis se lo semo tolti. Chi di scissioni ferisce, di elezioni perisce”.Ma di quale “tecnicismo” parla il toscano e cosa gli toglieva il collega greco?
E la risposta non si è fatta attendere: “Signor Renzi, ho un messaggio per te: puoi gioire quanto ti pare per il fatto che io non sia più ministro delle finanze. Ma non ti sei sbarazzato di me… Ciò di cui vi siete sbarazzati, partecipando a quel colpo vile contro Alexis Tsipras, è la democrazia greca… Sotto un’estrema costrizione da parte dei leader europei, tra cui anche il signor Renzi che ha rifiutato di discutere ragionevolmente le stesse proposte della Grecia, il mio primo ministro, Alexis Tsipras, è stato sottoposto il 12 e 13 luglio a un bullismo insopportabile, a un ricatto nudo, a pressioni disumane”.
Le ragioni del suo dissenso da Tsipras sono tutt’altro che personali e sono giustificate dalla convinzione che le misure imposte da una Troika spietata e irrazionale, avrebbero distrutto quanto ancora rimaneva di buono in Grecia. In quella occasione, Renzi ha giocato un ruolo fondamentale “con la sua tattica del poliziotto buono, sulla base dell’assunto se non cedi, essi ti distruggeranno”.
La risposta finale di Yanis a Matteo: “Io sono vivo e vegeto politicamente, e come persona in Italia mi riconoscono quando cammino per le strade del vostro bel Paese”, come dire: “quello che mi interessa, è il giudizio degli Italiani”.
(Enzo Coniglio)
