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HomeCulturaPiccola storia di Jaci - La "Grotta" di Acireale, 1931

Piccola storia di Jaci – La “Grotta” di Acireale, 1931

Quando, nel 1752 la grande caverna in cui sorse il celebre presepio di  Acireale fu trasformata in chiesa, il burrone di sette lave, che in quel punto scende al mare con declivio meno erto e selvaggio, non era ancora tutto giardino verdeggiante come oggi, ma una macchia aspra e fitta.

Sotto la muraglia immane, Santa Maria la Scala stendeva i suoi moli come braccia aperte in difesa contro le furie del mare; venivano legni da ogni parte, con carichi preziosi, e partivano recando prodotti della terra ferace.

Uscendo in barca verso il mare i marinai vedevano splendere la bianca chiesa, semplice e sola.

Quale luogo si poteva scegliere più adatto per dedicarlo alla Natività, quale artifizio umano poteva profumar di poesia l’asilo del Poverello Divino, quando il fuoco della montagna ne aveva formato uno ove la scena biblica trovava uno sfondo di grandiosità mistica?

La “Grotta” ebbe così i suoi “pastori” che la mano di un rinomato artista plasmò in grandezza d’uomo, i telai acesi li vestirono di seta e di damasco; ebbe il suo Bambino sulla paglia, la soave Madonna e gli angioli osannanti.

Le figure hanno gli atteggiamenti che la tradizione ha tramandato: volti estatici di pastori e di contadini, ove lo stupore e l’adorazione sono espressi con arte precisa. Il tempo ha dato il suo colore ineffabile alla materia inerte, rendendola quasi viva, e sembra che da un momento all’altro dalla cornamusa e dalla zampogna dei due pecorai debbano uscire le note per accompagnare la nenia dei canti natalizi.

Quando i  tre Magi vengono esposti, sembra davvero arrivino da terre sconosciute. Oltre i monti che s’intravedono nelle chiare sfumate nell’orizzonte, e che gli scrigni che essi portano al Re Bambino chiudano la misteriosa fragranza delle lontananze.

Per circa due secoli, nella notte prodigiosa, quando tutte le stelle tremano nel cielo sconfinato e la montagna è bianca di neve recente, il presepio rinnova nella “Grotta” la poesia della natività divina.

Nella notte fredda, accorre ancora il nostro popolo alla “Grotta”, che nella strada solitaria, alta sul mare, chiama con una fievole voce di campana, al rinnovarsi del rito millenario.

Dott. Alfio Fichera -da Il Popolo di Sicilia 24 dicembre 1931

 

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